Intervista

T-Index, lo strumento che aiuta l’export online

L’indice, sviluppato dal centro di ricerca di Translated consente di conoscere quali sono i mercati potenzialmente più interessanti per l’esportazione tramite e-commerce

Pubblicato il 11 Dic 2021

Pensate che sia sufficiente tradurre in inglese il vostro sito per conquistare i mercati internazionali? Sbagliato, serve molto di più. Certo rendere il sito, la piattaforma di e-commerce, la comunicazione commerciale, disponibile anche in inglese è un primo passo da fare ma per avere successo sui mercati internazionali, dal punto di vista del modo in cui si comunica, servono azioni maggiormente mirate, serve comprendere le esigenze dei consumatori e soprattutto serve parlare la lingua locale, quindi l’inglese sì, ma anche la lingua propria dei mercati nei quali si intende espandere la propria attività anche se il canale che si utilizza è internet.

Per comprendere meglio questo fenomeno c’è un indice che si chiama T-Index che è stato sviluppato da Translated, la scaleup che si occupa dal 1999 di traduzioni e che oggi è diventata punto di riferimento globale registrando anche successi significativi come la recente firma del più grande contratto mai chiuso a livello mondiale nel mondo delle traduzioni per conto di Airbnb per una cifra che non è stata ufficialmente comunicata ma che indiscrezioni di stampa hanno calcolato essere superiore ai 100milioni di dollari .

Marco Trombetti, co-fondatore di Translated insieme a Isabelle Andrieu, è impegnato in numerose attività: vincere premi cinematografici con il cortometraggio Lara , preparare una regata oceanica , rimettere a nuovo una centrale idroelettrica , e racconta a Startupbusiness della nuova versione di T-Index che sarà presentata il 13 dicembre 2021: “Il T-Index è frutto del nostro centro di ricerca di Translated che si chiama Imminent ed è diretto da Luca de Biase e nella versione 2021 evolve integrando il modello denominato Economic Complexity realizzato da Luciano Pietronero presidente del Cref. Il progetto nasce quando alcuni tra i nostri clienti come Airbnb e Google hanno iniziato a chiederci quali fossero i parametri da adottare per essere maggiormente efficaci nel raggiungere clienti in tutte le parti del mondo, nelle prime edizioni ci limitavamo a contare la quantità di popolazione con accesso a internet, poi ci siamo accorti che non era sufficiente e abbiamo associato il prodotto interno lordo pro-capite ma ancora non era sufficiente per avere il quadro realistico, quindi nel 2018 abbiamo lavorato per associare non il Pil ma il potere d’acquisto ma ancora i risultati apparivano non sempre efficaci e così da quest’anno usiamo il modello Economic Complexity che è utilizzato oggi anche dal Fondo Monetario Internazionale e che finalmente ci consente di conoscere in modo preciso l’effettiva efficacia nei diversi mercati internazionali”.

L’efficacia di T-Index, che naturalmente si dimostra utilissimo anche per startup e scaleup, è duplice perché non solo indica quali sono i mercati dove potrebbe risultare più efficace espandere il business ma anche e soprattutto perché lo fa tenendo in considerazione parametri di affinità tra i Paesi, quindi fornendo un risultato che è parametrato sulla base del Paese di provenienza dell’azienda che vuole espandersi: “per esempio – dice Trombetti – vi è una particolare affinità import-export tra l’Italia e la Germania”.

Inoltre, rileva sempre l’edizione 2021 del T-Index, vi è una flessione nell’utilizzo dell’inglese: “Il futuro è sempre più orientato alle lingue locali – spiega il co-fondatore di Translated -, ci sono sempre più persone che usano internet di quante nel mondo imparano l’inglese, ciò è dovuto a molti fattori tra cui anche la disponibilità di strumenti tecnologici che eseguono traduzioni automatiche i quali, benché ancora non perfetti, contribuiscono a mettere le persone nella posizione di non dovere fare lo sforzo di imparare un’altra lingua, inglese in primis. Ciò è un elemento che io considero positivo perché contribuisce a sostenere la diversità”. Tanto che se un tempo per raggiungere il 50% del potere d’acquisto bastava tradurre il proprio sito in 2 lingue, oggi per ottenere il medesimo risultato ne servono almeno 4 e per arrivare al 90% ne servono 20, numero che nel 2018 era limitato a 9. “Gli strumenti tecnologici per la traduzione automatica – aggiunge Trombetti – saranno sempre più sofisticati ma bisogna fare attenzione a non mettere la tecnologia al centro del processo altrimenti si rischia che la gente non li utilizzi perché si sente inadeguata o imbarazzata, ciò che bisogna fare è sviluppare strumenti che siano ‘tecnologicamente invisibili’ e che rendano il processo fluido oltre che sempre più preciso, oggi i tassi di errore nel migliore dei casi sono attorno al 6% che è ancora troppo, noi stiamo lavorando a un sistema che al momento è ancora in fase prototipale e che si propone di essere di facile e naturale uso e, in prospettiva, ridurre al massimo gli errori”.

Nel corso dell’evento di presentazione, che è possibile seguire online, oltre a Marco Trombetti e Luca de Biase, interverranno lo stesso Luciano Pietronero, Salvo Giammaresi, head of localization di Aribnb, Alessandra Binazzi, head of global localization di Asics, Daniel Sullivan, senior globalization leader di Spotify, Renato Beninatto, Ceo di Nimdzi Insights, Andrew Smart, co-fondatore di Slator e Marco Gervasi, espero di e-commerce e di Asia, a moderare il tutto Marjolein Groot Nibbelink, Ceo di Multilingual, pubblicazione di riferimento dell’industria della traduzione: “annunceremo anche una chicca legata al T-Index”, anticipa Trombetti ricordando che lo strumento è disponibile a tutti gratuitamente e che consente di individuare il migliore potenziale di vendite online per 200 categorie di prodotto e per 195 Paesi del mondo con le rispettive lingue. (Photo by Amador Loureiro on Unsplash )

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