Zest accelera la dual use economy e presenta Publica.AI

Per gli europei il 2025 verrà ricordato come l’anno in cui hanno visto modifiche sostanziali sulle direttive green (CSRD e CSDD). Proprio nella giornata di ieri la presidenza del Consiglio e i negoziatori del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio per semplificare gli obblighi di rendicontazione e due diligence in materia di sostenibilità, al fine di rafforzare la competitività dell’UE. Di certo, tali cambiamenti finora non hanno destabilizzano solo le grandi imprese, oramai già pronte a tali rendicontazioni, ma proprio le MPMI: tra queste si distinguono le startup, che negli ultimi anni anche in Italia hanno cercato di innovare servizi e prodotti perseguendo gli obiettivi di Agenda 2030.

Anzi, proprio per le startup e per il venture capital il 2025 è stato proprio l’anno delle policy, dal 28° regime di EU-Inc al DL Concorrenza

Ed è in questo scenario normativo e burocratico, dove a mutare sono gli obiettivi europei, che si è spostata anche l’ideologia, da green a dual use

Tutto ha avuto origine a inizio anno, negli USA, quando, quelle che fino a quel momento sembravano promettenti scommesse in miracolose startup che investivano in qualsiasi cosa legata alla transizione energetica, dalle batterie, alle turbine per pale eoliche, ai pannelli fotovoltaici, cominciarono a dirigersi in altri mercati: Bloomberg riferiva del “brusco risveglio e di una drammatica presa di coscienza” che prendeva di sorpresa giganti fondi di private equity come BlackRock, Riverstone Holding, la Caisse de Depot et Placement du Quebec (CDPQ), per citare quelli venuti allo scoperto, mentre tuttora sono numerosi gli investitori che ancora tengono riservate le perdite sofferte.

E sin dall’inizio del suo mandato, Trump aveva messo davanti a tutto le sue promesse fatte in campagna elettorale: cancellare i programmi di finanziamento green dell’amministrazione Biden. Ne avevamo scritto qui, e avevamo intravisto come negli USA diverse startup lanciate per liberare l’economia dai combustibili fossili, come risposta a questo mutamento di paradigma dei fondi di investimento, stavano rivisitando il proprio approccio per essere più in linea con “lo spirito del tempo”: da un lato alcune aziende che sviluppano metalli, cemento e carburante rispettosi del clima, stavano sottolineando come i loro prodotti sarebbero stati vantaggiosi per la sicurezza nazionale (difesa), dall’altro lato alcuni sviluppatori di tecnologie verdi stavano cercando una nicchia nel mercato caldo dell’intelligenza artificiale. Ecco che, alcune aziende che un tempo decantavano i benefici ecologici del loro lavoro, cominciavano ad orientarsi verso la difesa e l’intelligenza artificiale.

Mentre negli USA i fondi ritiravano i loro finanziamenti per altri settori, e a cascata anche le startup cambiavano claim, parallelamente, arrivava il concetto di dual use anche nel vecchio continente, e l’Europa non rimaneva indietro, lanciando così il Rearm Europe, che avrebbe destinato parte degli 800 miliardi di euro proprio verso startup dal business core nell’utilità civile e militare.

Oggi anche in Italia la dual use economy, che integra applicazioni civili e militari di tecnologie critiche, dai sistemi spaziali alla cybersicurezza, rappresenta uno dei driver fondamentali per la competitività industriale, la resilienza delle supply chain, la tutela degli interessi nazionali e la sicurezza del sistema Paese. 

In questo quadro, la capacità di sviluppare soluzioni basate sull’Intelligenza artificiale, interoperabilità dei dati e infrastrutture digitali sicure diventa essenziale per la Pubblica Amministrazione, per gli operatori industriali e per gli investitori istituzionali

E secondo l’analisi presentata ad inizio anno da Feel presso la Camera dei Deputati – ne avevamo scritto qui -, l’Italia è tra i paesi più maturi all’approccio govtech (performance superiore del 44% alla media globale e del 14% a quella dei paesi del blocco Euro-asiatico). Il PNRR poi ha fornito un boost particolare per accrescerne il livello: si pensi a Torino che è stata riconosciuta leader mondiale dell’innovazione nel corso dell’ultimo web summit. 

Questa mattina presso il Campus Luis, si è svolto il convegno Dual Use Economy: From Single Impact to Unified Vision, promosso da Zest e dal Research Center Strategic Change “Franco Fontana” dell’Università Luiss Guido Carli. Un’occasione che ha rappresentato un punto d’incontro e di partenza per trovare una risposta concreta e italiana in uno scenario sempre più complicato. Marco Gay, presidente esecutivo di Zest (nella foto), ha sottolineato come “secondo recenti proiezioni, da qui al 2034 il mercato del govtech potrebbe raggiungere i 1,4 trilioni di dollari e, secondo il World Economic Forum, il potenziale public value generato globalmente potrebbe arrivare a 9,8 trilioni di dollari, grazie a maggiore efficienza, trasparenza, sostenibilità e qualità dei servizi pubblici”. Gay ha evidenziato poi come “il ruolo delle startup è fondamentale per l’innovazione nella PA, per portare agilità e nuove tecnologie, spesso in collaborazione con istituzioni pubbliche”.

Durante il convegno è stata presentata Publica.AI – Dual use economy innovation platform, la nuova piattaforma govtech di Zest dedicata alla dual use economy, illustrata da Antonella Zullo, CEO di Zest Innovation. Publica.AI nasce come infrastruttura di innovazione a supporto dell’interesse pubblico: collega amministrazioni centrali e locali, imprese, startup, investitori, università e centri di ricerca, trasformando dati e sperimentazioni in soluzioni operative, servizi scalabili e nuove venture adottabili dal settore pubblico e dagli operatori industriali.

In ambito dual use, la piattaforma abilita use case che vanno dalla situational awareness multi-dominio tramite fusione di dati satellitari, sensori e droni alla cyber defence delle infrastrutture critiche, fino ai digital twin per l’addestramento congiunto di enti civili e militari e alla gestione delle emergenze della Protezione Civile. Tutto ciò nel rispetto dei principi di interoperabilità, sovranità del dato e IA “affidabile by design”.

La risposta ad una fase storica in cui sono tuttora presenti barriere normative che possono ostacolare l’innovazione, l’Europa è stata la prima a dotarsi di una legge sulla IA (AI Act), alcune delle quali ancora in assestamento, appunto quelle green, è stata fornita da Luigi Capello, CEO e fondatore di Zest. Secondo Capello la formula sta nella “sovranità tecnologica, intesa come requisito strategico nazionale”. E il ruolo centrale è in una “innovazione veicolata da startup, dall’intelligenza artificiale, dal sensing avanzato e dalle reti di nuova generazione. Startup che lavorano su IA e che, se adeguatamente sostenute, potrebbero aiutarci a colmare rapidamente i gap esistenti. È necessario un approccio di open innovation, accompagnato dalla volontà e, appunto, dal commitment di investire nelle startup che operano nel settore.”

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