Bettery, la batteria che l’auto elettrica aspetta

Bettery è il nome della startup che sta sviluppando un’innovativa batteria per auto elettrica che segnerà una svolta. La startup è italiana e fondata da tre giovani ricercatrici dell’Università di Bologna

Pubblicato il 21 Gen 2017

Bettery ha vinto il Premio dall’idea all’impresa nell’edizione 2018 del Premio Marzotto, che si è appena conclusa. Alla società va un grant di 50mila euro. Vince anche un percorso di affiancamento con CUOA e il percorso di accelerazione con Day One di Roma. Bettery concorreva in questa categoria con altre sei startup,  Fleep, Heraclex, Moveo Walks, OCORE, Phononic Vibes e Spex. La Giuria ha espresso questa motivazione: ‘Nella ricerca di soluzioni che esplorino il percorso verso un futuro sostenibile, la Giuria ha individuato, tra le eccellenti soluzioni che sono arrivate alla fase finale, un’idea d’impresa che coniuga un’attenta e intensa attività scientifica, un solido bagaglio brevettuale e un modello di business ambizioso, e che porta energia pulita nel sistema di trasporto, superando i limiti delle attuali batterie a stato solido‘. Della startup avevamo parlato nell’articolo qui di seguito circa un anno fa. (aggiornamento del 22 novembre 2018).

Tre ricercatrici hanno trovato la chiave di svolta per innovare il mondo delle auto elettriche e non solo. Ora, grazie all’UNIBO Launch Pad e al programma TVLP in Silicon Valley, costituiranno l’impresa per commercializzare il prototipo dell’innovativa batteria.

«Ogni volta che entravamo in laboratorio lei era sempre là, funzionante, come l’avevamo lasciata la prima volta. L’abbiamo subito battezzata ‘la scarica infinita’. Dopo un mese abbiamo cominciato a preoccuparci: la tocchiamo o non la tocchiamo? La stacchiamo o non la stacchiamo? Di questo passo poteva durare anche otto mesi. Allora ci siamo dette: o abbiamo sbagliato qualcosa o questa è davvero una cosa spettacolare». La ‘cosa spettacolare’ di Francesca Soavi, ricercatrice, Francesca De Giorgio, ricercatrice post-doc, e Irene Ruggeri, dottoranda, si chiama Nessox (NEw Semi-Solid flow lithium OXygen battery, una batteria che può essere ricaricata attraverso la sostituzione di un liquido che funziona da elettrolita e da catodo) e si appresta a rivoluzionare il mondo dell’auto elettrica. «Ma non solo. È cambiato il paradigma e questo sistema può riguardare tutto il campo delle energie rinnovabili» come ci raccontano nel corso dell’intervista realizzata nel loro ufficio accanto al laboratorio del dipartimento di Chimica ‘G. Ciamician’ dell’Università di Bologna. Infatti l’aspetto più spettacolare della loro invenzione è che per ricaricare la batteria basta qualche minuto. Addio alle lunghe attese, le auto elettriche con Nessox Battery potranno fare un pieno di energia veloce come fermarsi a una pompa di benzina.

Il team
Lo stanzone con camici, provette, tubi, tavole e formule chimiche, sembra il box di un team di Formula 1, con un via vai continuo di studenti per colloqui, richieste e consulenze, una pulizia maniacale dei macchinari, ritagli di giornali e attestati da centri di ricerca di mezzo mondo. Le tre scienziate di Bettery (il progetto ha preso un nuovo nome, ndr) si scambiano un’occhiata complice: «sì, è vero, lavoriamo sodo tutto il giorno, ma in laboratorio, quando sperimentiamo, ci divertiamo anche parecchio. Il nostro stile non è quello di studiare e basta; ogni volta ci chiediamo perché sperimentiamo un particolare processo e a cosa servirà in futuro».
Il team delle tre ricercatrici segue un percorso preciso fin dall’inizio: prima di tutto la registrazione del brevetto, poi la partecipazione al programma formativo d’imprenditorialità UNIBO Launch Pad e l’assegnazione lo scorso dicembre del premio che darà loro l’opportunità di proseguire la formazione in Silicon Valley partecipando a maggio al TVLP Spring 2017, il programma di acceleratore che porta a Menlo Park innovatori da tutto il mondo.

Dalle idee ai fatti
Il prototipo realizzato in laboratorio ha permesso di misurare densità di energia per chilogrammo comparabili con quelle degli idrocarburi e ha così dato vita a un rivoluzionario sistema a flusso, con un componente liquido, per la ricarica delle batterie. «Dopo aver visto le potenzialità della nostra scarica infinita cosa abbiamo fatto? Beh, c’è venuta voglia di renderla utile alla società».
I passaggi per concretizzare questo sogno, però, saranno lunghi: «per realizzare un prototipo su scala industriale andranno selezionali i materiali, occorrerà ragionare sui costi e sui tempi, scrivere un business plan, trovare investimenti, cose non semplici per chi, come noi, non ha esperienze in campo imprenditoriale». Un’altra parola chiave, però, per Bettery è ‘cambio di paradigma’: «già partecipando all’UNIBO Launch Pad abbiamo fatto un salto di qualità. Il nostro progetto imprenditoriale ora è migliorato, in questi giorni ci stanno seguendo consulenti ed esperti per la parte legata alla gestione del brevetto. Dovremo poi valutare quale tipo di società realizzare e come definire i nostri ruoli all’interno di Bettery. Per questo siamo entusiasti dell’opportunità che avremo in Silicon Valley, dove verremo affiancati da mentori e dove potremo confrontarci con imprenditori, con venture capitalist e con innovatori da altri Paesi». Ad aspettarli in California ci sono mentori come i venture capitalist Steve Goldberg del famoso fondo Venrock e David Carlick il creatore di Double Click e docenti di TVLP del calibro di Naeem Zafar che prima di insegnare a Berkeley aveva fondato e venduto sei startup di cui una quotata in Borsa.

La scienza esce dal laboratorio
Il nuovo sistema brevettato rivoluzionerà il mercato dell’auto elettrica, un settore in piena ascesa in America e in tutto il mondo. «Quello delle auto elettriche è stato il nostro target iniziale. La nostra tecnologia può essere impiegata anche sugli aerei e sulle navi, è un sistema efficiente di accumulo, quindi non va escluso un suo utilizzo in tutto il settore delle energie rinnovabili, che è un settore in crescita anche in Italia. La batteria Nessox può funzionare anche per alimentare un generatore di quelli che vengono impiegati durante i concerti allo stadio».
Di solito ai convegni circolano idee interessantissime, come spiegano Soavi, De Giorgio e Ruggeri, poi quasi sempre i progetti, nati dopo anni di ricerca, si bloccano. «In Italia il know how è davvero alto, c’è consapevolezza e formazione di altissimo livello all’interno delle università e dei centri di ricerca, ci sono energie e anche parecchi progetti finanziati. L’attenzione verso i brevetti sta cambiando e, forse troppo lentamente, si sta cercando di far capire che un ricercatore può diventare anche un imprenditore. Noi vogliamo riuscire a rendere utile il nostro brevetto fuori dall’università: abbiamo la chiave di volta, sappiamo di poter rivoluzionare il mondo, si tratta di imparar a muoversi sul mercato e trovare gli interlocutori giusti con cui rapportarsi».
La sfida è appena cominciata. Come immaginate Bettery tra un anno? «Sì, la sfida è grandissima e stimolante. Grazie all’UNIBO Launch Pad è tornato lo slancio e l’entusiasmo a scommettere su di noi. Il passo più immediato è quello di creare l’impresa». È difficile ipotizzare il futuro di Battery, di certo l’entusiasmo di queste ricercatrici e la loro determinazione le porterà lontane, per ora in Silicon Valley e dopo chi sa.

Contributor: Paolo Tomassone, TVLP –  Ha già scritto per noi “Il successo di una startup dipende dal momento giusto”

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