Stiamo calmi: cos’è l’ansia da lavoro e la paura di perdere il controllo

L’ansia è sempre più diffusa anche nell’ambiente lavorativo, colpisce giovani e meno giovani. Bisogna conoscerla e gestirla, i consigli dell’esperto

Pubblicato il 21 Ott 2019

Oggi l’ansia è una delle patologie più diffuse nel mondo occidentale, anche in Italia il fenomeno è in crescita e coinvolge la popolazione più giovane. Colpisce moltissime persone anche nel pieno della loro carriera e attività lavorativa, ne soffrono imprenditori, manager, liberi professionisti, l’ambiente lavorativo è decisamente molto competitivo, spesso frenetico, e mette a dura prova l’equilibrio delle persone. L’ansia se non è affrontata e gestita può diventare addirittura invalidante e compromettere la carriera e la vita di una persona.

Anche lo startupper, che come abbiamo visto è soggetto alla sindrome di burnout, può andare incontro a disturbi legati all’ansia, che se non gestiti e affrontati correttamente, possono compromettere il benessere psico-fisico, le energie da dedicare al lavoro, e addirittura momenti importanti come la presentazione della propria società a investitori o in occasione di un evento. Fare un pitch mette tutti in una situazione di tensione, ma come distinguere un positivo livello di stress da un attacco di panico?

Abbiamo cercato di approfondire il tema con un esperto che abbiamo conosciuto attraverso la piattaforma MioDottore, il dottor Eros Parise, psicologo, specializzato in Psicoterapia per il trattamento dei disturbi d’ansia ossessivi e compulsivi, che ci ha offerto diverse delucidazioni per capire i tipi di ansia più diffusi, i suoi sintomi e i suggerimenti utili per la gestione di questo problema.

Cos’è l’ansia e come riconoscerla?

L’ansia è un fenomeno personale e soggettivo e una delle reazioni umane più comuni, ma la differenza tra un normale comportamento ansioso e uno nevrotico si evince dal grado di disturbo che l’ansia arreca alla vita di una persona. L’ansia è correlata alla paura, che è un’esperienza universale e primordiale, quanto necessaria e ineliminabile dai comportamenti programmati degli individui, in quanto permette all’organismo di attivarsi in presenza di pericolo. Il fatto che il pericolo sia reale o meno non modifica la reazione dell’organismo, che si prepara alla lotta o alla fuga. L’ansia è dunque uno stato di inquietudine, di attesa affannosa, di pericolo imminente e indefinibile, si associa a sentimenti di incertezza e impotenza. È spesso priva di un oggetto scatenante, o per lo meno non riconosciuto, si associa a sintomi neurovegetativi che si ripercuotono sul vissuto emozionale, esacerbandolo. È possibile definirne tre tipologie:

WHITEPAPER
Artificial Intelligence of Things: cos’è, come funziona e quali vantaggi offre

Ansia anticipatoria:

prevede sentimenti di allarme e apprensione quando si prospetta l’eventualità di affrontare una situazione ansiogena.

Ansia generalizzata:

stato duraturo di attesa apprensiva, eccessiva e irrealistica, con preoccupazioni relative a svariate circostanze esistenziali e anticipazione pessimistica di eventi negativi. Chi ne soffre vive uno stato d’allarme e tensione ed è sempre vigile nei confronti dell’ambiente per individuare possibili fonti di pericolo. Ad esempio, chi ne è affetto si muove continuamente sulla sedia, parla a scatti e con respiro affannoso, si tormenta capelli, mani o altre parti del corpo.

Panico:

episodio a carattere critico di ansia e terrore a insorgenza improvvisa e di durata limitata nel tempo con marcati fenomeni neurovegetativi, associato a un vissuto di tipo catastrofico.

Come si manifesta? I sintomi più comuni

I sintomi possono essere emotivi, fisiologici e comportamentali.

A livello emotivo si riscontrano tensione e continuo stato d’allarme, minore capacità di concentrazione, attenzione e apprendimento, insoddisfazione di sé e indecisione, senso di angoscia e disperazione, apatia e incapacità di pianificare il futuro, disturbi sessuali. Da un punto di vista fisiologico invece si possono notare disturbi del sonno, stanchezza e debolezza, vertigini, sudorazione abbondante, mani sudate, cefalea da tensione, disturbi visivi, aumento della frequenza cardiaca, sensazione di svenimento, irregolarità della frequenza e ampiezza dell’atto respiratorio, disturbi digestivi e intestinali. Mentre per quanto riguarda i sintomi comportamentali emergono: tendenza all’isolamento, irrequietezza e agitazione, suscettibilità, balbuzie, errori frequenti, deterioramento dei rapporti sociali e affettivi, consumo di sigarette, alcol, droghe, psicofarmaci e disturbi dell’alimentazione.

Come differenziare l’ansia ”buona” da quella ”cattiva” e quando preoccuparsi?

Sebbene l’ansia abbia un significato primariamente protettivo finalizzato alla sopravvivenza, si deve distinguere quella che è un’ansia normale da una patologica, che per durata, intensità e gravità invece che aiutare a raggiungere l’obiettivo lo ostacola, danneggiando e affaticando il soggetto. Il limite fra normalità e patologia va rintracciato nell’influenza che le emozioni negative hanno sulla qualità della vita. Se ad esempio questa impedisce di recarsi al lavoro, uscire di casa, esprimersi e realizzarsi, si tratta di ansia patologica, con il rischio di sviluppare una vera e propria patologia psichica chiamata disturbo d’ansia.

Molteplici sono i fattori di rischio che favoriscono l’esposizione maggiore allo stress negativo (o distress), ovvero quando stimoli stressanti, ossia capaci di aumentare le secrezioni ormonali, instaurano un logorio progressivo fino alla rottura delle difese psicofisiche. Si evidenziano cioè situazioni in cui le condizioni di stress, e dunque di attivazione dell’organismo, permangono anche in assenza di eventi stressanti oppure quando l’organismo reagisce a stimoli di lieve entità in maniera sproporzionata.

L’ansia da prestazione lavorativa

Ad esempio, l’ansia da prestazione lavorativa è la paura di non avere o perdere il controllo sulla propria performance. Non dipende da competenze tecniche o dal grado di preparazione del soggetto, ma dal livello di tolleranza di questi nei confronti delle incertezze che inevitabilmente si presentano. Compare come la continua ruminazione di pensieri negativi, che si fanno sempre più intrusivi fino a diventare ossessivi e che trovano continue conferme alle profezie negative pensate, fino a farle avverare.

Diversamente, lo stress positivo (o eustress) si ha quando uno o più stimoli allenano la capacità di adattamento psicofisica, è una forma di energia utilizzata per raggiungere obiettivi.

Gestire l’ansia: i primi rimedi

Non è possibile controllare la mente e i pensieri, ma si può invece gestire un pensiero e indirizzarlo. E’ bene riconoscere i sintomi, non spaventarsi ed essere consapevoli che si tratta di paura.

Può essere d’aiuto smettere di parlarne a tutti, alimentando l’aspetto ossessivo; evitare di chiedere continuamente aiuto alle persone vicine, confermando alla mente di non potercela fare; infine, non escludere le condizioni che spaventano, ma osservarle.

(Image credits: Timo Kuilder for OxfordVR)

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

LinkedIn

Twitter

Whatsapp

Facebook

Link