Da startup a scaleup: kill the matrix

Cosa succede quando si passa da startup a scaleup e bisogna gestire la crescita dell’organizzazione nei mercati esteri? Ecco i problemi e cosa NON fare. Di Gianpiero Marinò (Uala Group)

Pubblicato il 01 Nov 2019

Gianpiero Marinò

Partiamo da un presupposto: io nasco come consulente BCG e divento startupparo.

Insomma, un piccolo Clark Kent: occhiali, camicia e sotto una maglietta con la “S” di startup.

Mi è bastato poco poi per riconoscere la mia criptonite: la Matrice.

Entrato in questo mondo delle meraviglie (le startup, ndr) quello che più mi ha affascinato è stato rendermi conto di quanto alcune aziende riuscissero a scalare e avere successo molto più velocemente di altre.

E, dato che alla fine i panni del consulente (e gli occhiali) non mi hanno mai abbandonato, mi sono concentrato a capire quali fossero i fattori determinanti della velocità d’espansione

Quello di cui mi sono reso conto è che essa non dipenda strettamente e unicamente dal modello di business, dalla tecnologia o dal talento delle persone che compongono l’azienda.

Certamente questi sono sicuramente fattori significativi, ma non determinanti.

Cosa intendo per determinanti? Che non è verificabile in termini effettivi la correlazione tra essi e la crescita. Il determinante invece affonda le sue radici in un terreno molto più profondo: l’organizzazione aziendale.

‘Ovvio’, direte voi, ‘è la base’ direte voi. ‘Certo’ rispondo io, ma riconoscere nell’organizzazione aziendale la base su cui affondare le radici e capire soprattutto come coltivare questo terreno, è cosa molto più complessa.

Infatti il modo in cui un’azienda è strutturata e organizzata incide incredibilmente sulle modalità di esecuzione, sui processi decisionali e quindi, di conseguenza, sulla sua velocità e capacità di avere successo.

Immaginate l’azienda come un grandissimo domino per cui il primo tassello – l’organizzazione – ha un impatto su tutto il resto: più l’azienda diventa grande, più di conseguenza l’impatto è grande.

Per questa ragione, uno dei dilemmi di CEO e Founder durante l’espansione in altri paesi è capire come approcciare i nuovi mercati.

La prima domanda da porsi, in questi momenti, quindi deve essere come gestire l’organizzazione e la struttura aziendale: è meglio cercare di penetrare i nuovi mercati dalla sede centrale o con un team locale?

Se cercate fast execution ed efficacia, il team locale è sicuramente la scelta migliore nella maggior parte dei casi. Forse non la più efficiente, ma in certi casi non è l’efficienza il focus primario di una certa fase aziendale. 

Ora, definita la necessità di una unità locale, c’è un’altra decisione chiave da prendere. Bisogna infatti decidere quale sarà la struttura organizzativa dell’azienda nel nuovo mercato e soprattutto definire il tipo di interazione che il team locale avrà con la sede centrale.

Lo scenario che solitamente si presenta in questa fase di cambiamento è che i colleghi parleranno spesso via Skype o Slack e che, quando si leggeranno i nomi anche nelle email, le persone si chiederanno: “e lui / lei chi è?”, “l’ho mai incontrato/a?”.

E così, in un attimo, una startup veloce e dinamica si è trasformata in una multinazionale, con una struttura a matrice e una certa dose di politica.

Tutto questo però senza aver ben chiara qual è la struttura aziendale e quindi allungando di molto ogni processo.

Quindi, per esempio il responsabile Marketing parlerà con il Country Manager di argomenti probabilmente non di suo interesse tipo la palette colori del nuovo logo o sito, il VP Operations in HQ sarà tentato di parlare con i team Sales degli altri mercati dimenticandosi che invece il team commerciale locale risponde al proprio Country Manager e il VP di Prodotto… beh, nessuno sa mai davvero cosa fanno i ragazzi del tech…loro son lì, con i loro monitor. Tanti monitor.

Allora vediamo insieme e per punti il perchè questo tipo di organizzazione matriciale e il festival dei meeting e delle call conference dovrebbe essere stroncato immediatamente.

Questo è quello che ogni CEO/Founder dovrebbe chiarire fin dal primo giorno, ogni giorno, ripetendolo più volte al giorno. 

Perché una struttura a matrice non funziona e spesso è solo ‘formalmente’ in uso

Nessuno è mai stato un fan delle strutture a matrice: solo le aziende molto grandi e complesse ne hanno veramente bisogno e sono anche le uniche disposte a gestirne i contro.

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Questo perchè questo tipo di struttura non solo rallenta i processi decisionali, ma crea ambiguità; la gente inizierà a chiedere: “chi è il mio capo?”, “a chi chiedo questa cosa?”. L’unica cosa in grado di ridurre questo caos è definire chiaramente l’asse della matrice che guida in termini di processi decisionali, facendo in modo che l’altro funga più da supporto e consigliere.

La verità quindi è che comunque e a prescindere dai casi, la matrice collassa: solo un’asse guiderà il business e l’altro fungerà da supporto.

La matrice quindi, anche laddove venga scelta come struttura aziendale, diventerà più formale che sostanziale. Ed è un bene che sia così. 

Quindi arriviamo al punto decisivo: ovvero definire quale degli assi dovrebbe guidare la matrice.

Quale degli assi dovrebbe guidare la Matrice

La risposta a questa domanda come sempre inizia con “dipende”. 

Dipende dalla tensione competitiva del mercato in cui si opera, dalla fase dell’azienda all’interno di quel mercato e dall’obiettivo strategico che si ha in quella fase dello sviluppo.

Se il mercato è altamente volatile/stagionale, non c’è un chiaro leader e non ci sono chiare barriere all’ingresso, la risposta è facile.

In questo caso la velocità è tutto, così come la conoscenza delle peculiarità locali: la conseguenza è che i team locali dovrebbero essere l’asse guida della matrice.

Se invece il mercato è stabile e quindi con bassi tassi di crescita, ci sono aziende chiaramente consolidate con quote di mercato stabili e non c’è molto spazio per un nuovo entrante allora l’ottimizzazione è tutto, così come la conoscenza cumulativa.

In questo caso sono le funzioni centrali in HQ a guidare, a ottimizzare e fare in modo che le best practice funzionali siano condivise e capitalizzate al massimo.

Vediamo però quali sono, nello specifico, esempi di situazioni non ottimali che possono nascere con organizzazioni matriciali mal gestite. Sono spesso segnali deboli e sintomi che qualcosa non va.

Cosa potrebbe andare storto prima che te ne renda conto

Un po’ di esempi e di situazioni classiche in cui spero tu non ti sia trovato.

Country Manager responsabili del P&L (profit & loss, ndr.) locale che non controllano molte componenti chiave del P&L (come i costi di marketing allocati dall’alto verso il basso o spesso persino i ricavi).

Country Manager che non hanno pieno controllo dei ricavi? Si, costoro esistono. Pensiamo, ad esempio, a qualsiasi marketplace in cui il traffico, la conversione e lo schema commissionale sono tra le leve principali nella generazione dei ricavi e sono principalmente influenzati da funzioni centrali come il Marketing, il Prodotto o le Operations.

Country Manager e Functional Leader che trascorrano una quantità di tempo rilevante (e frustrante) nel dibattito su questo o quell’investimento o sull’assegnazione di questo o quel task operativo. Allo stesso tempo queste stesse persone cercheranno di trovare un modo per ottimizzare i propri KPI (spesso in conflitto) piuttosto che concentrarsi sull’esecuzione. Una gran perdita di tempo il più delle volte che daranno alla luce “soluzioni compromesso” poco efficaci.

Il festival delle scuse. La verità è semplice: se una Country sta raggiungendo buoni risultati o no, se un certo KPI sta salendo o scendendo è a causa di molteplici fattori e dipende sia dalle unità locali sia dalle funzioni centrali. Questo ovviamente porta ad un aumento della probabilità di proliferazione di scuse e degli “scarica barile” fra funzioni e unità locali.

Arriviamo ora dunque alle conclusioni.

Come fare in modo di aumentare la velocità di execution?

Come fare in modo che tutti – Country Manager, Functional Leader e Manager – si muovano nella stessa direzione con obiettivi comuni?

Come definire la struttura organizzativa rendendo fluidi i processi operativi e decisionali? 

Conclusioni e consigli ai CEO e ai Fondatori

4 miei consigli:

1 –  Non creare un’organizzazione a matrice se non sei pronto ad affrontarne le conseguenze e anche se pensi di esserlo non farlo se sei alla guida di una startup che ha bisogno di velocità di esecuzione.

2 – Una volta che decidi di adottare una certa struttura organizzativa (anche se questa fosse una matrice), chiarisci al tuo Leadership Team chi ha l’ultima parola in caso di conflitto tra i manager: il Manager funzionale? Il Market Manager? Il Business Line Manager?

Questa chiarezza operativo-decisionale ridurrà al minimo le riunioni inutili e dispendiose in termini di tempo ed energie mentali.

 3 – Un cambiamento della struttura organizzativa significa un cambiamento nella distribuzione del potere all’interno dell’organizzazione (altrimenti è un cambiamento inutile). Quindi, se non siete pronti a lasciare che il potere passi dalla sede centrale ai mercati locali, dalle funzioni alle prime linee manageriali: non fatelo.

Capisco che non sia un compito facile ma è meglio una vecchia organizzazione che una nuova ma confusa.

4 – Non scendete a compromessi e non abbiate paura di decisioni difficili.

Quando una decisione è presa, non bisogna cambiare perché questo o quel manager non è felice o perché questo o quel VP non è allineato al 100% con la nuova struttura. Non si accettano compromessi o eccezioni perché questi potrebbero minare la vostra credibilità e la vostra capacità di guidare il cambiamento necessario nella vostra azienda.

In bocca al lupo, non sarà facile ma ne varrà la pena.

Gianpiero Marinò  – Group COO @Uala | President @Balinea

(Cover image credits: Lucìa Izco)

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