Finanza islamica, le opportunità di business nel mercato Halal

Pubblicato il 11 Mag 2018

La finanza islamica continua a mietere consensi non solo nei paesi islamici, infatti, da qualche tempo si sta muovendo nel mondo occidentale, riscuotendo successo in diversi settori.

Era il 2010, quando le politiche aziendali dei colossi Carrefour e Coop percepirono la necessità di un rinnovamento dal sapore multietnico, tanto da accettare l’ingresso trionfale sui loro scaffali di prodotti Sharia compatibili, detti Halal; un traguardo significativo per l’utenza musulmana che nel banco delle carni avrebbe finalmente trovato prodotti macellati secondo i principi del Corano, tra cui bovino per il bollito, cosce di agnello, polli interi, persino i salumi composti da prosciutto crudo, pancetta affumicata e prosciutto cotto di tacchino. Un involucro con un’etichetta verde riportava la scritta Halal, integrandosi pienamente con le altre provenienze. In verità, il welcome ha avuto qualche battuta di arresto su iniziativa delle associazioni ambientaliste, in poche parole stavano, già, sul piede di guerra, giacché contrarie alla macellazione senza stordimento dell’animale stesso; tuttavia, i tentativi di boicottare le vendite non andarono a buon fine e sono stati proprio i consumatori a decidere la continuità dell’operazione Sharia Compliance di queste due catene commerciali.

E veniamo ai nostri giorni: lo scorso anno in Italia, sono stati macellati con la rituale 44032 bovini e autorizzati 200 macelli. Alcuni paesi europei l’hanno totalmente abolita come Austria, Svezia e Norvegia. I musulmani in Italia sono 1milione800mila, di cui 150mila italiani: questi i numeri alla mano che ci rivela Abd as Sabur Turrini, direttore generale della CO.RE.IS, l’associazione nazionale di musulmani italiani attiva dagli inizi degli anni ’90 con la priorità di testimoniare e tutelare il patrimonio spirituale e intellettuale della religione islamica in Occidente; la sede è presso la moschea AL-WAHID, al civico 9 di via Giuseppe Meda nel pieno centro di Milano, in zona Navigli.

Dal 2008 la CO.RE.IS, ha costituito uno Sharia Board e un Comitato Etico di certificazione halal, redigendo un primo disciplinare. È stato registrato il marchio Halal Italia, riconosciuto da enti di certificazione internazionali, avvicinandolo a quello di qualità codificato dalle norme ISO. La CO.RE.IS non percepisce proventi per tale attività, di cui mantiene la supervisione, in linea con la sua natura di associazione senza scopo di lucro. Il Comitato Etico ha il compito di redigere i Disciplinari tecnici per la Certificazione di diversi settori produttivi e attestarne l’applicazione, prendendo in considerazione il più ampio consenso delle quattro scuole giuridiche sunnite e di quella sciita. Quest’attività è stata riconosciuta ufficialmente in un accordo firmato il 30 giugno 2010 alla Farnesina, tra i Ministri italiani degli Affari Esteri, Franco Frattini, dello Sviluppo Economico, delle Politiche Agricole e della Salute alla presenza di ambasciatori dei Paesi dell’OCI, Organizzazione della Conferenza Islamica.

La certificazione Halal in Italia si colloca tra quelle volontarie di prodotto e di processo e negli ultimi 20 anni si è diffusa, soprattutto localmente, su iniziativa di associazioni islamiche e realtà commerciali.

Hamid Distefano, CEO di Halal Italia,  evidenzia che non esiste una valutazione precisa con valore scientifico sui prodotti sharia compliance in Italia, ma che la loro stima attendibile del potenziale di mercato è di circa 4 mld di euro (fonte MAE). “Halal Italia certifica aziende in ambito food, cosmetico e farmaceutico”-così prosegue Distefano – “oltre l’80% delle aziende attualmente certificate sono alimentari, mentre quelle dei settori cosmetico e pharma registrano un interesse che è divenuto significativo solo negli ultimi 2 anni. In totale si tratta, nei tre settori, di circa 150 aziende. Anche la comunicazione deve avere una coerenza rispetto al carattere religioso della certificazione richiesta dalle aziende: contenuti troppo sguaiati o maliziosi o potenzialmente ingannevoli non vengono approvati. Da un altro punto di vista il marchio registrato Halal Italia segue un suo regolamento di utilizzo, qualsiasi apposizione del marchio su packaging o materiale promozionale (brochure, siti web, ecc) è soggetta a un processo di approvazione. Nei contenuti di comunicazione il marchio deve essere chiaramente riconducibile ai prodotti che sono stati oggetto di certificazione. I prodotti venduti in virtù della loro qualità di liceità religiosa riportano obbligatoriamente il marchio sull’imballaggio primario/secondario (esistono comunque situazioni particolari) per una corretta informazione al consumatore. Il marchio deve essere chiaramente visibile/distinguibile e non deve essere deformato nelle sue proporzioni.”

Il certificato Halal Italia è soggetto a rinnovo annuale a seguito di audit di mantenimento, nel contesto giuridico di un contratto che è invece triennale. In considerazione del grande incremento delle attività non solo nell’ambito della certificazione, ma anche della collaborazione istituzionale con diverse realtà regionali, nazionali e internazionali, Halal Italia ha deciso di aprire una nuova sede operativa presso il Parco Tecnologico Padano di Lodi: si tratta di un polo di eccellenza italiano nell’ambito delle analisi di laboratorio, del coordinamento e realizzazione di rilevanti progetti di ricerca scientifica e fucina d’interessanti start-up imprenditoriali. La collaborazione tra il PTP e Halal Italia contribuisce a fornire anche alle aziende certificate nuove sinergie e innovative prospettive di sviluppo.

Inoltre, chi già commercia con il Sud-Est asiatico, sa bene che quest’area geografica rappresenta un importante mercato Halal seguito dai Paesi del Gulf Cooperation Council, GCC, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Qatar, Kuwait, Oman. Le dogane di alcuni Paesi islamici permettono l’ingresso di merci halal solo se accompagnate da certificati emessi da enti di certificazione islamici registrati. Il mercato halal mondiale è stimato intorno ai 2.300 miliardi dollari americani di cui 700 miliardi del comparto alimentare, mentre 70 miliardi interessano il mercato europeo.

Finanza e turismo sharia compliant sono pure settori in grande espansione in Europa. Prodotti e servizi halal vengono rivolti tanto ai musulmani europei, quanto a quelli di passaggio per turismo o business. L’offerta arriva anche da parte di realtà imprenditoriali occidentali per intercettare nuovi clienti. Alcuni prodotti finanziari di investimento, come i sukuk lanciati da Azimut nel 2012 in Turchia, sono stati proposti anche sul mercato convenzionale.

Alla domanda se istituti, quali sukuk e murabah o bond islamici potranno essere presto compatibili con il sistema italiano, interviene nuovamente il direttore della CO.RE.IS, sostenendo che c’è ancora molta strada da percorrere e che i nostri vicini inglesi hanno, già, compreso da tempo la necessità di assorbire queste esigenze islamiche con l’apertura di proprie banche dedicate, ma la strada da imboccare sarà recepita anche da noi in Italia come lo sbocco obbligato, oggetto d’investimento, colmando il gap con almeno la creazione di Islamic Windows da parte di banche nostrane, o con l’istituzione di fondi comuni d’investimento.

Nella moschea di via Meda si percepisce area di integrazione e di tutto rispetto sono le iniziative di collaborazione religiosa a cui prende parte insieme alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana, l’AME (Associazione Medica Ebraica, Collegio IPASVI Milano Lodi Monza e Brianza; l’Unione Buddhista Italiana , l’Associazione Medici Cattolici Italiani e l’OMCEO di Milano (Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia): i membri delle sopra rappresentanze hanno, così, creato un Comitato scientifico Insieme per prendersi cura che dal 2015 propone incontri e formazione rivolti non solo a operatori e professionisti, bensì a tutti coloro che intendono approfondire il tema delle religioni e della spiritualità nei contesti sanitari; da qui il volume pubblicato lo scorso anno dal titolo Salute e identità religiose con il patrocinio di Regione Lombardia, scaricabile dal sito www.prendercicura.it

Contributor: Linda Alongi

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