Intelligenza artificiale per il made in Italy

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Il ministero delle Imprese e del made in Italy ha presentato nei giorni scori lo studio commissionato ad Accenture sugli impatti dell’intelligenza artificiale lungo tutta la catena del valore, durante il XX Forum del Comitato Leonardo, appuntamento che annualmente riunisce rappresentanti delle istituzioni e della business community per fare il punto sulle prospettive di sviluppo per il made in Italy.

Il tema di quest’anno ha riguardato il ruolo dell’intelligenza artificiale generativa per aumentare la competitività delle imprese italiane.

Federico Eichberg, capo di Gabinetto del Mimit, ha aperto il Forum sottolineando come il ministero durante l’attuale legislatura “si è riorganizzato e ha previsto una direzione generale specifica per le nuove tecnologie emergenti”. Ed è proprio in questa direzione che il ministero vuole espandere il made in Italy dai settori tipici come tessile- abbigliamento, alimentari-bevande, legno-arredo, nautica, ceramica, oreficeria, a quelli nuovi legati all’innovazione tecnologica.

Lo studio

L’analisi di Accenture parte proprio dalla considerazione che tali settori tipici sono da sempre fortemente votati all’export, con oltre il 50% della produzione complessiva, rispetto al 35% degli altri settori manifatturieri.

Secondo la ricerca, si tratterebbe di un potenziale aggiuntivo del PIL dei settori “estesi” del made in Italy di circa 80 miliardi di euro entro il 2030. 50 miliardi sarebbero conseguenza dell’incremento di valore aggiunto prodotto dalla messa a sistema nel made in Italy dell’applicazione dell’IA Generativa. Di questi 50, 15 miliardi sarebbero legati ai settori tradizionali del made in Italy e 35 ad altri settori che potrebbero iniziare a beneficiare del brand. Gli ulteriori circa 30 miliardi, di cui 20 imputabili ai nuovi settori, sarebbero generati dall’estensione e potenziamento del brand made in Italy con opportune politiche sistemiche, che potranno portare ad una maggiore penetrazione sia in Paesi in cui le imprese italiane sono già presenti, sia in aree geografiche emergenti.

Inoltre l’applicazione di soluzioni tecnologiche come il digital twin sulle linee produttive potrebbe portare grandi benefici alle PMI italiane: mediamente, l’OEE – Overall Equipment Efficency (indice di qualità e velocità del macchinario) aumenta del 15-20%, mentre i costi industriali diminuiscono di circa il 30% grazie alla maggior efficienza. E proprio Sergio Dompè, presidente Comitato Leonardo, ha evidenziato che l’IA made in Italy è utile “per avere delle applicazioni che abbiano un impatto di resilienza sulle PMI”.

Il nuovo concetto di made in Italy

Lo studio di Acccenture quindi rimarca e avvalorerebbe la strategia del ministero: estendere il brand made in Italy a settori economici eccellenti non tradizionalmente compresi nella definizione: come la meccatronica, la farmaceutica, la chimica. Secondo infatti il ministro Adolfo Urso “l’Italia cresce più delle altre grandi potenze europee” e “soprattutto nelle esportazioni. Abbiamo scavalcato la Corea del Sud come quinto Paese esportatore”. E tale “sorpasso in un’epoca di de-globalizzazione ci fa capire quanto l’Italia sia capace di aprirsi in nuovi mercati performanti”. Tra i settori citati nello Studio, Urso ha aggiunto anche quello aerospaziale e nautico che il ministero starebbe “sviluppando come modello da innovare”.

Il ministro ha elencato poi le scelte intraprese in questo periodo. In primis sulle tecnologie legate alla produzione di energia, e in merito il suo intervento ha maggiormente chiarito la linea sul mix energetico per raggiungere gli obiettivi europei di Agenda 2030 e Green Deal. Urso ha infatti puntualizzato tanto l’importanza dello “sviluppo di tecnologie di rinnovabili” quanto quello del “nucleare” – e a riguardo dice che – “lo svilupperemo in Italia e non ci fermeranno”.

Tra le scelte poi sono state elencate quella sull’ “importanza della riapertura in Italia delle miniere di materie prime che serviranno per produrre tali tecnologie”, l’organizzazione di un nuovo modello di IA e il disegno di legge sull’IA che prevede, tra le altre norme, un miliardo di euro per il Fondo innovazione al venture capital, gestito da CDP, che “servirà a dar vita e a far crescere startup che operino in questo campo” e  “la volontà di formare un campione italiano”. Chiosando poi che in queste scelte e politiche “ci sono tutti gli aspetti sufficienti dell’IA sull’industria per essere un Paese leader”.

Il caso Bending Spoons

Tra i partecipanti all’evento il simbolo o modello da imitare è stato rappresentato dalla presenza e dall’intervento di Matteo Danieli, co-fondatore e CPO di Bending Spoons, la scaleup italiana, o meglio, l’unicorno che ha chiuso recentemente un round da 155 milioni di dollari con una valutazione che supera i 2,5 miliardi di dollari. Danieli ha affermato che se da un lato “Bending Spoons opera in un settore in cui il made in Italy non è ancora arrivato” dall’altro lato “l’app più scaricata in Cina la scorsa settimana è italiana, Remini”. “Il motivo di tale successo – aggiunge Danieli – è l’IA Generativa. Remini potrebbe essere il secondo prodotto di IA più usato al mondo dopo Chat-GPT”.

E secondo Danieli la storia di Bending Spoons dimostra proprio questo. A 10 anni dalla sua fondazione, è solo nel 2021 che i founder capiscono come investire nel settore dell’intelligenza artificiale avrebbe comportato un vantaggio competitivo nonché il mercato del futuro.

In una tale occasione con focus sullo sviluppo delle tecnologie emergenti, verticale sull’IA, agganciato all’export e in favore delle PMI, nonostante, con la sua presenza come moderatore, Francesco Giorgino, ex vicedirettore del TG1 e attualmente direttore dell’Ufficio Studi Rai, abbia fornito un’impepata di etica e tecnologia – ricorda per esempio la partecipazione del Papa al prossimo G7 nel panel sull’IA -, è mancata forse la presenza di un personaggio specifico con interventi mirati non solo in questa direzione etica, ma anche geopolitica. Soprattutto in uno scenario, sì deglobalizzato, ma pure prebellico.

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