Investimenti in startup, pubblicati i decreti attuativi

Sono stati pubblicati i decreti attuativi delle misure predisposte dal Governo a supporto della crescita degli investimenti in startup e scaleup

Pubblicato il 14 Mag 2019

Sono arrivati, in zona Cesarini, ma sono arrivati. I decreti attuativi che danno seguito a quanto stabilito dalla Legge di bilancio approvata il 31 dicembre 2018, anche in quel caso in extremis, in merito alle nuove norme a sostegno delle aziende che fanno innovazione: startup e Pmi, sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.

Il governo aveva 120 giorni per approvare i decreti e li ha usati praticamente fino all’ultimo visto che i documenti sono datati 30 aprile 2019 e pubblicati poi sulla Gazzetta Ufficiale nei primi giorni di maggio.

Iniziavamo a essere un po’ preoccupati, come abbiamo detto anche nella nona puntata degli Opposti Digitali che abbiamo girato il giorno 29 aprile 2019, quindi un giorno prima che i decreti fossero firmati, e che potete vedere qui , ma per il proverbiale rotto della cuffia ciò che era atteso è arrivato.

Ora potremmo quindi iniziare a poter valutare la portata degli effetti che queste normative avranno sia in termini della loro gestione operativa, sia soprattutto in termini di risultati sull’ammontare degli investimenti in startup, scaleup che, ricordiamo, lo scorso anno ha sfiorato i 600 milioni di euro con una crescita importante rispetto al 2017 ma con ancora tanto terreno da recuperare rispetto alle altre economie europee come Francia, Germania, Spagna, per non parlare del Regno Unito che continua a occupare la cima della classifica, risultato che però potrebbe subire qualche contraccolpo quando la Brexit diverrà operativa e qui nemmeno la zona Cesarini è stata sufficiente, si è infatti dovuto ricorrere ai tempi supplementari per via delle indecisioni del governo di Londra.

Cosa prevedono i decreti

Il decreto forse più atteso perché coinvolge il più ampio numero di persone (investitori privati, banche, istituzioni, venture capital, oltre naturalmente a startup e scaleup), è quello che indica come una quota del 3,5% dei Piani individuali di risparmio (Pir) sia vincolata in quote o azioni di fondi per il venture capital o fondi di fondi per il venture capital.

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Inoltre, il decreto ha recepito le indicazioni di Aifi, l’associazione italiana degli operatori del private equity e del venture capital, al fine di superare alcuni ostacoli tecnici, primo dei quali la bassa liquidità degli investimenti in fondi di VC, ed enfatizzando come i Pir debbano essere visto come strumento per sostenere lo sviluppo dell’economia reale. Un tema questo che ha però portato Bankitalia a lanciare un allarme perché secondo l’ente di via Nazionale destinare il 3,5% dei Pir al venture capital ne aumenta il profilo di rischio e la cosa va valutata con attenzione perché i Pir sono strumenti di risparmio destinati a privati e famiglie. E pure gli stessi gestori dei Pir hanno manifestato qualche mal di pancia perchè un abbassamento della liquidità di questi investimenti rischia di trasformare i Pir in uno strumento del tutto inutile perchè, alla luce dell’obbiligo di investire il 3,5% in venture capital, essi potrebbero ricevere molta meno preferenza da parte dei risparmiatori.

Stiamo raccogliendo riflessioni, commenti e opinioni per valutare se il matrimonio tra Pir e venture capital si possa effettivamente rivelare vantaggioso per tutti, ma certo è che una iniezione di capitale verso chi investe in startup e scaleup è necessaria per mettere il nostro Paese nella condizione di avvicinarsi ai livelli degli altri Paesi europei in questo ambito e quindi se questa formula del 3,5% dei Pir non funzionerà bisognerà correre velocemente ai ripari.

Una valutazione andrà fatta ovviamente anche per le altre due norme che la Legge di bilancio prevede: l’investimento in venture capital del 15% degli utili delle partecipate di Stato e l’innalzamento al 40% di detrazione/deducibilità fiscale per chi investe in startup innovative, quelle naturalmente iscritte all’apposito registro, percentuale che si assesta invece al 30% per le Pmi innovative, anche qui limitatamente a quelle iscritte al registro apposito.

A questo c’è anche da sperare che diventi realtà pure il Fondo Nazionale Innovazione da un miliardo di euro che il ministro Luigi Di Maio ha annunciato all’inizio di marzo e che dovrebbe, secondo quanto anticipato dal governo, diventare operativo entro maggio, mancano quindi pochi giorni, arriverà anche questo in zona Cesarini? E soprattutto la sua attesa renderà nel frattempo vani gli altri strumenti già esistenti con i quali gli enti pubblici hanno contribuito fino a ora a sostenere il venture capital in Italia? Se così fosse saremmo di fronte a un problema che si traduce in una frenata degli investimenti e secondo quanto rilevato dallo studio di ScaleIT il campanello d’allarme è già suonato come abbiamo scritto qui

@emilabirascid

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