scenari

L’innovazione, l’ecosistema, l’Italia, l’Europa

Il dibattito sui modelli di innovazione con esponenti delle istituzioni, dei centri di ricerca, degli investitori in capitale di rischio: ricerca, brevetti, creazione di valore

Pubblicato il 22 Feb 2023

L’ufficio italiano del Parlamento europeo a Roma ha ospitato l’incontro dal titolo: La crescita dell’ecosistema dell’innovazione in Europa e in Italia: prospettiva storica e proiezione futura, che fa parte di un ciclo voluto dall’istituto Vision & Global Trends. Un evento quindi per ripercorrere lo scenario europeo dell’ecosistema innovativo e tirare le somme guardando ai trend futuri.

L’incontro ha riunito diversi attori: Luigi Nicolais, attualmente presidente Cotec e presidente Materias; Fabio Pistella di ENR, già presidente CNR e direttore generale ENEA; Luigi Amati, chairman Business Angels Europe; Nicoletta Amodio,  executive adviser Ricerca & Innovazione di Confindustria; Marco Baccanti, direttore generale Fondazione ENEA Tech e Biomedical; Alessia Melasecche Germini, amministratore delegato META Group; Giovanni Zazzerini, segretario generale INSME.

Tutti gli speaker sono stati i protagonisti, a detta di Tiberio Graziani, chairman Vision & Global Trends, “della promozione della cultura dell’innovazione negli ultimi 30 anni” e in questa occasione hanno offerto la loro testimonianza.

L’incontro ha voluto ripercorrere gli ultimi 30 anni indagando e mettendo a fuoco gli snodi, le criticità, le normative, gli investimenti finanziari europei a supporto dell’innovazione e della ricerca europea.

A proposito di Ricerca, proprio Fabio Pistella nel suo intervento ha sottolineato la criticità in due parole: autonomia e interdipendenza: nel campo della ricerca “bisogna sempre capire prima le scelte da prendere, ma prima ancora i soggetti. Le scelte vanno prese per avere una vision. Il non prendere una scelta equivale a una non scelta e quindi non avere una vision”. Come non pensare a tutto il dibattito intercorso negli ultimi anni sugli investimenti nel nucleare, in un “nucleare che ancora non c’è” e che noi di Startupbusiness avevamo indagato attraverso la nostra inchiesta.

“Il sistema ricerca è un sistema ‘embedded’ perché fa parte di un macro-sistema”. Per quanto riguarda l’interdipendenza Pistella ha citato Enrico Mattei in merito agli interessi che “devono sempre essere convergenti e mai indipendenti”, soprattutto nel campo della ricerca e innovazione. Secondo Pistella dopo 30 anni andrebbero quindi riconcettualizzati i due termini, autonomia e interdipendenza, in quanto “sono concetti accademici che nella realtà si scontrano con soggetti forti”. Non solo, “ma per l’ecosistema innovativo i tempi sono drammatici e bisognerebbe dare importanza” su concetti quali: diversificazione, potere contrattuale, che cosa si intende per sviluppo sostenibile, accesso al credito. Tutto il suo intervento quindi è stato mirato a destrutturare la narrativa che finora abbiamo sentito sull’innovazione.

L’intervento di Luigi Nicolais, che ricordiamo essere stato consigliere dei ministri della Ricerca italiana in diversi governi, presidente del CNR e ministro per le Riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, è stato mirato a dare il quadro tripartito che l’Europa sta vivendo, e “non attraverso una rivoluzione, ma una transizione che ci costringe a convivere con entrambe soprattutto nella Pubblica amministrazione”. Le tre transizioni sono quindi:

  • Digitale, ovvero la digitalizzazione del dato che, secondo Nicolais, dovrebbe essere obbligatoria
  • Green, “è un must e non un optional”
  • Economica: attraverso i progetti di Horizon Europe ed Europe Innovation Council.

I progetti europei avviati in questi ultimi anni per l’ecosistema innovativo sono stati infatti diversi: dall’ERC (Europe Research Council) e FIS in Italia (Fondo Italiano per la Scienza) al FISA (Fondo italiano per le scienze applicate), e dall’EIC (Europe Innovation Council) alla MISSIONE 4 C2 del PNRR.

Altro nodo della discussione ha riguardato un tema strettamente legato alla ricerca, ovvero quello della proprietà intellettuale (PI). “Da noi non è mai stato rilevante. La produzione scientifica non deve essere fine a sé stessa, ma essere utilizzata da chiunque” e quindi la possibilità di avere un knowledge condiviso. Il dato infatti interessante è che a livello di pubblicazioni scientifica l’Italia in Europa è seconda, dietro la Germania, ma allo stesso tempo se analizziamo gli investimenti nel venture capital dei due Paesi, c’è un abisso. “La PI va venduta e non conservata, dove la proprietà è del ricercatore e non dell’Università”. La riforma del codice PI è attualmente in esame al Parlamento.

Un’altra criticità rilevata è stata l’aver confuso e molto spesso sommato in un’unica figura quella del ricercatore e dell’innovatore. E come ha sottolineato sempre Nicolais “a un certo punto il ricercatore deve essere affiancato dall’innovatore”. Insomma un intervento mirato sulle difficoltà dei rapporti tra ricerca e mercato. A proposito, l’intervento lapidario di Baccanti sulla questione dei brevetti in cui l’Italia è ancora in un impasse: “400 persone che fanno trasferimento tecnologico e che hanno generato 3 milioni, ma neanche un deal è da 3 milioni” e questo perché le Università mettono in mano al ricercatore la vendita del brevetto. Dall’altro in Italia “il venture capital non c’è … questo perché se ci sono le situazioni di contesto il VC c’è, perché si aggrega dove c’è l’opportunità, ma se manca l’opportunità non possiamo obbligarli a esserci… quando avremo più credibilità allora arriverà senz’altro, perché (il VC) è opportunista per definizione”. Certamente la credibilità potrà essere manifestata anche grazie al Governo, alla politica, se non commette gli errori del passato, come proprio con ENEA Tech e di cui avevamo già approfondito e seguito la vicenda in diversi articoli.

In merito al mondo della finanza, l’intervento di Luigi Amati è stato fondamentale per passare a uno sguardo verso il futuro, dove sono state tirate le somme sulla situazione dei business angel, VC e crowdfunding, per poi elencare finalmente i trend del futuro europeo:

  • Più donne investitrici, ovvero un passaggio dal 5-10% al 30-40%
  • Trend europeo (top down): l’Europa vuole diventare più Europa. Basti pensare al Fondo dei Fondi europeo stanziato qualche giorno fa con un budget di circa 4 miliardi di euro.
  • Trend europeo (bottom up): gli investitori si starebbero sempre più connettendo tra loro, facendo networking e collaborazioni
  • Trend sostenibile: come, per esempio, tutto lo storytelling sulla Tassonomia e tematiche ESG

E i trend per l’ltalia? “I soldi non mancano e non sono mai mancati (oggi per es. con il PNRR), ma il problema rimane quello dell’imprenditorialità e dell’attitudine”, dove non si intendono le partite Iva, ma “l’imprenditorialità con una sana ambizione e con una capacità di calcolare il rischio, ma anche con un potenziale di crescita molto importante, e su questo noi ancora non ci siamo”. “Altro problema è che si pensa che l’imprenditorialità knowledge intensive, ovvero quella del rischio, sia un nice to have”. “Ma in realtà in termini di crescita rapida, di venturing, il capitale di risk attrattive crea negli USA il 10% del lavoro diretto e il 40% del lavoro indiretto”. “Quindi non avere imprese ad alto grado di innovazione, in un Paese come il nostro, di diversificazioni territoriali (esempio la differenza regionale tra Nord e Sud o paese e città) dove dobbiamo avere delle ricette locali, e se in ciascun di questi ambienti non riusciamo a creare una regione knowledge intensive in grado di produrre e tirare fuori, come output, delle imprese fortemente innovative, purtroppo anche il job creation ne soffre”. Ovviamente perché poi si creano degli indotti intorno a tutte queste imprese e quindi “il knowledge intensive è per forza di cose job creation”.

Il punto di vista dell’investitore

Startupbusiness ha voluto approfondire con Amati: come co-fondatore di META Group, che gestisce, direttamente o tramite joint venture, numerosi fondiearly stage in tutta Europa, e come chairman di Business Angels Europe, quale potrebbe essere il settore trainante nei prossimi anni in Italia? Pensando a un futuro aumento di recessione, inflazione ed essendo stato il 2022 per l’Europa  e le valutazioni, i deal value e gli step-up, in particolare nei financing stage più maturi,  un anno di raffreddamento, nonostante, dall’altra parte, ci sia un fattore positivo, ovvero quello di una forte crescita di investitori non tradizionali ed internazionali? “Credo che non ci sia un solo settore trainante in Italia. L’Italia ha sicuramente delle eccellenze dal punto di vista scientifico in alcuni settori. Io direi che le scienze della vita sono assolutamente uno di questi settori e probabilmente tutto quello che è intorno a quelle che vengono definite le tecnologie deep ad esempio nel campo dei materiali o dell’ingegneria, meno esotici ma dove l’Italia ha una fortissima produzione,  come anche quello che può essere intorno al mondo della meccanica e dell’ingegneria industriale”.

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Vediamo come negli USA, soprattutto nel 2022, ci sia stata un’attenzione e crescita di investimenti in fase seed. In Italia nel prossimo triennio, proprio per le prospettive economiche future, conviene investire in seed round oppure conviene farli in late-stage, in una fase più avanzata? “Il Seed capital non si può mai smettere di fare, perché se non c’è il seed poi non c’è la possibilità di fare gli investimenti di round ulteriori. Vero è che su quest’ultimi non abbiamo ancora quella quantità di investimenti che sarebbe necessaria e quindi su questo bisognerà lavorare anche in direzione di avere la possibilità di fondi che possono avere un ordine di grandezza come dimensioni superiori a quello attuale di fondi da 60, 100 milioni, che sono i tipici fondi di Venture capital, ma di arrivare a fondi che possano avere diversi centinaia di milioni, e in questo l’annuncio dell’European Investment Fund da quasi 4 miliardi di euro potrebbe creare quelle dimensioni di fondi che poi possano permettere investimenti non solo di Series A, ma di round successivi e che potrebbe davvero aiutare le startup italiane a fare scaleup”.

Come vede per il prossimo futuro il CVC italiano? “Il CVC è sempre fluttuante. Le corporate hanno tante strategie per acquisire al loro interno l’innovazione. Credo che sia uno degli elementi, ma non il solo elemento con cui le corporate si relazionano all’interno del mondo innovativo: ci sono corporate che investono anche all’interno dei fondi e vanno con un atteggiamento da limited partner a entrare in portafogli di fondi dove pensano al loro interesse, e ci sono molte corporate che continuano a fare innovation con diversi acceleratori. Quindi credo che le corporate continueranno sempre a seguire questi filoni differenti e non ne privilegeranno mai uno in particolare”. (Foto di Nadia Guarracino su Unsplash )

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