Sistema Paese

Caso Enea Tech, non è ancora detta l’ultima parola

Emendamenti e iniziative dell’ecosistema mirano a salvare il progetto Enea Tech e i fondi di investimento per l’innovazione

Pubblicato il 11 Giu 2021

Il caso di Enea tech esploso nelle ultime settimane nell’ecosistema delle aziende innovative, e ricordiamolo: fondazione voluta dal DL Rilancio (17 luglio 2020 – art. 42) ché avrebbe dovuto realizzare le iniziative promosse dal Fondo per il trasferimento tecnologico da 500 milioni di euro, continua a fare eco.

Una decisione a prima vista politica ha partorito in settimana la presentazione dell’Emendamento voluto dal ministro Stefano Patuanelli nel quale si vanno a chiarire le competenze della nuova Fondazione Enea Biomedical Tech precisando gli ambiti di intervento.

In primis l’emendamento farebbe marcia indietro sulla denominazione della Fondazione riconfermando quella di Enea Tech e non più Enea Biomedical Tech in quanto “maggiormente in linea con le attività da essa svolte, non limitate al solo settore biomedicale”.

Si vanno finalmente a esplicare quindi tali ambiti di intervento della Fondazione, rimasti oscuri nell’art. 31 del Ristori Bis: oltre alla realizzazione di programmi di sviluppo del settore biomedicale e della telemedicina, i finanziamenti del Fondo potranno essere utilizzati anche per sostenere “lo sviluppo di nuove tecnologie attraverso l’investimento in imprese che operano o prevedono di operare in ambiti tecnologici di interesse strategico nazionale, con priorità per le tecnologie healthcare, l’information technology, il settore della green economy, l’agritech e il deep tech”.

Viene confermato il finanziamento di 200 milioni di euro del Fondo per la realizzazione di programmi di sviluppo del settore biomedicale e della telemedicina specificando che “destinata per la promozione della ricerca, lo sviluppo e la riconversione industriale del settore biomedicale verso la produzione di nuovi farmaci e vaccini per fronteggiare in ambito nazionale le patologie infettive emergenti, oltre a quelle più diffuse, anche attraverso la realizzazione di poli di alta specializzazione”.

“Pur prevedendo l’ampliamento dei componenti del consiglio direttivo”, viene riconfermata l’attuale governance, e “si preserva la nomina in capo al Mise e al socio Fondatore, riservando altresì due nomine al ministero dell’Economia e delle Finanze in considerazione dell’assegnazione e gestione delle risorse”.

Per concludere, mentre prima Enea Tech era l’unico centro di ricerca in Italia vigilato dal Mise e non dal Mur, con l’emendamento entrerebbero grazie alla costituzione di un comitato strategico anche “ministeri economici in ottica gestione risorse Pnrr, nonché il Mur e il ministero della Salute”.

Ma la domanda che tutti ora si staranno ponendo è la seguente: meglio abrogare l’art 31 del Decreto Ristori Bis o far passare l’emendamento? Il quesito, prima di dare una risposta per presa posizione, serve per avere una visione più generale del problema Enea Tech.

Ironicamente, lo stesso giorno in cui esce il Decreto Ristori bis la Corte dei Conte rende noti i dati  sulla fuga dei cervelli, notizia che rimbalza rapidamente perché rileva un aumento della fuga dall’Italia di persone con elevate competenze del 41,8% nel corso degli ultimi otto anni. Un’emorragia.  

Con Enea Tech era la prima volta che si andava a fare sviluppo best class in Italia: venivano considerate le best practice, come il modello dell’Eic (European innovation council) organizzazione dell’Unione Europea che si occupa di sostenere progetti di trasferimento tecnologico e tecnologie che altrimenti non riuscirebbero a raccogliere adeguati capitali sul mercato e anche ispirandosi al funzionamento della Darpa, agenzia pubblica statunitense che ha lo scopo di sviluppare tecnologie strategiche e farle diventare realtà, fu per esempio la culla di internet.

Enea Tech quest’anno era pronta a iniettare decine di milioni di euro nell’economia reale dopo un anno di preparativi attraverso quelle aziende e startup che avevano aderito alla call iniziale.

Già ne avevamo scritto. Quale sarebbe allora la strategia italiana sull’innovazione? Manca la logica del capitale paziente, ed Enea Tech andava su questa direzione, ovvero la prospettiva di lungo periodo nel settore dell’investimento, infatti fino al 2025 avrebbe dovuto investire circa un miliardo. Enea Tech avrebbe dato la possibilità alle aziende di avere la sicurezza di appoggiarsi a una istituzione che pianifica a sua volta i suoi investimenti, possibilità che in Italia ancora manca, ma che in altri Paesi già esiste e con la quale quindi potevamo diventare maggiormente competitivi.

Ricordiamo che Enea Tech poteva e può contare su una squadra qualificata, si veda l’intervista alla presidente Anna Tampieri , e con il supporto del Mise.

C’è però chi non vuole rassegnarsi come Stefano Onofri, co-Ceo di Cubbit , che insieme ad altri founder di startup innovative ha dato vita alla iniziativa 500 milioni di futuro, una lettera esplicita al Governo alla quale si fanno domande dirette, ed ecco come Onofri ha risposto alle domande di Startupbusiness.

Cosa pensi dell’art. 31 e del seguente Emendamento proposto da Patuanelli?

“Certo che dobbiamo investire sul biomedicale, ma proprio cancellando ciò che stava andando bene sull’innovazione? La soluzione ottimale sarebbe proprio eliminare l’art. 31 e non mettere mano su Enea Tech, ma se proprio bisogna farlo allora a quel punto l’importante è che si abbia il budget per proseguire quanto già iniziato. Ricordiamoci che per una volta non siamo nella situazione di chiederci ‘va costruito tutto da zero, da dove cominciamo?’ Enea Tech è un treno che ha iniziato la sua ottima corsa già da un anno. Non si tratta di costruire, ma semplicemente di non cancellare: è molto più semplice”.

In molti scrivono che la vostra iniziativa parta da quei 300 milioni di euro dei 500 del Ristori Bis che non si sa bene dove andrebbero a finire, dato che i 200 andrebbero per il biotech. Quale è il vostro vero obiettivo?

“L’obiettivo dell’iniziativa è che siano salvati i 500 milioni di euro per Enea Tech. Un Paese sano non può prendere i soldi destinati a un’ottima iniziativa di investimento per l’innovazione di lungo periodo come aveva fatto, specie quando è indietro di 20 anni rispetto al resto d’Europa. Negli ultimi 10 anni non si è mai sentito che Francia, Germania o Regno Unito hanno strategicamente preso la decisione di investire di meno in innovazione, anziché di più.  Se poi non fosse proprio possibile salvaguardare i 500 milioni di euro subito, allora bene proseguire con i 300 e prendere altro tempo per capire come ripristinare il budget originario”.

Photo by Emma Fabbri on Unsplash

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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