PMI innovative, sono 877 ma potrebbero essere 18mila

L’Osservatorio PMI innovative riporta i dati 2018, fino a ora, delle PMI innovative in Italia e avverte: c’è scarsa conoscenza dei benefici ottenibili con l’iscrizione al registro.

Pubblicato il 20 Nov 2018

La buona notizia è che il potenziale italiano di PMI innovative è pari a 18mila imprese, non poche.
Quella brutta è che al momento sono soltanto 877 le realtà che hanno richiesto e ottenuto l’iscrizione alla sezione speciale del registro imprese dedicata alle PMI innovative, benché in percentuale si registri un 35% in più rispetto al 2017.
Lo rende noto l’Osservatorio PMI Innovative, che ha presentato recentemente il Report 2018 che analizza le dinamiche demografiche, economico-patrimoniali, organizzative e strategiche delle PMI Innovative.
Un’opportunità persa, per le PMI non ancora iscritte all’albo speciale della Camera di Commercio, che non possono godere dei generali benefici previsti per la PMI innovativa e nemmeno approfittare dei vantaggi loro riservati e definiti nel pacchetto dell’Industry 4.0.
Alessandro Dragonetti, Co-Managing Partner e Head of Tax di Bernoni Grant Thornton, che collabora con l’Osservatorio, dice: “A quasi quattro anni di distanza dall’introduzione della disciplina agevolativa, il numero di imprese iscritte nell’apposito registro non raggiunge ancora le 1.000 unità e i primi nove mesi del 2018 evidenziano un numero di iscrizioni in calo rispetto al 2017. Ciò potrebbe essere causato anche dalla mancanza di un’adeguata conoscenza dei benefici ottenibili con l’iscrizione al registro.”
 
Nella rilevazione del 2017  era emerso che il 79% delle PMI Innovative era costituita da S.r.l., che la maggioranza operava nel settore dei servizi e che il 59% aveva un valore della produzione inferiore al milione di euro, mentre solo il 7,6% superava i 10 milioni. Nel 2017 inoltre, risultavano consistenti gli investimenti in ricerca e sviluppo: l’88% delle imprese investiva oltre il 3% in innovazione.

Uno scenario confermato anche nel 2018, (osservazioni su 230 nuove imprese iscritte al registro) specialmente nella composizione e distribuzione geografica dei nuovi iscritti, ma con dinamiche economiche che evidenziano qualche difficoltà. Le 230 imprese iscritte al registro delle PMI Innovative tra il 1° dicembre 2017 e il 30 settembre 2018 operano infatti per il 65% nel settore dei servizi, per il 28% nell’industria/artigianato e per il 6% nel commercio. Il livello di “anzianità” delle aziende si attesa su una media di 8 anni. Unendo questo dato a quelli relativi al fatturato (oltre il 25% delle aziende presenta ricavi inferiori ai 250 mila euro) il report evidenzia una crescita lenta, in contraddizione con la natura stessa delle PMI Innovative, specialmente se basata su elementi di innovazione industriale di prodotto, di servizio o di processo.

La distribuzione geografica delle nuove PMI Innovative si concentra ancora una volta in Lombardia (29%), seguita da Piemonte (13%), Veneto (10%), Lazio, Emilia-Romagna e Marche (circa il 7% per ciascuna regione).

Se si guarda l’intero universo delle PMI innovative si osserva che il fatturato cresce in media del 28% y/y, rispetto alla crescita del 66% y/y registrata nel 2017; inoltre, il 47% delle aziende ha realizzato nel 2017 un fatturato inferiore al milione di euro (ossia circa il 13% in meno rispetto a quanto osservato nel 2016, pari al 60%). Il valore medio del patrimonio netto delle imprese innovative supera i 2,7 milioni di euro, ma più della metà delle società che presentano una situazione di deficit patrimoniale sono quelle con fatturato inferiore ai 500 mila euro.

Diversa è la situazione sul fronte startup innovative, che nell’ultimo anno hanno registrato un aumento di oltre 700 unità nel numero di iscrizioni alla sezione speciale del registro imprese: le startup innovative veleggiano verso quota 10mila (9.647, contro le 8.391 di dicembre 2017), con poco più di 52mila persone impiegate e meno di un miliardo di euro di fatturato complessivo. Lo rilevano i dati sul monitoraggio relativo al 3° trimestre 2018, realizzato come di consueto da Mise e InfoCamere.

Un dato interessante è quello del turnover, ovvero: quante startup innovative perdono periodicamente questo status e, tra di esse, quante lo perdono per diventare PMI innovative. Questo dato permette di capire il percorso di crescita delle startup, l’efficacia delle misure a sostegno dell’impresa innovativa nel suo complesso e rispetto alla creazione di un ‘ecosistema’.

Gli ultimi dati a disposizione per questo tipo di valutazione arrivano dalla Relazione annuale 2017 InfoCamere-Mise su Startup e PMI innovative, che a tal proposito presenta un capitoletto dedicato in cui dice:

STARTUP INNOVATIVE DIVENTATE PMI INNOVATIVE

Un confronto tra i requisiti d’accesso ai regimi di startup e di PMI innovativa mette in chiara evidenza come quest’ultimo status rappresenti un’evoluzione naturale per quelle imprese che, pur avendo superato la fase di avvio, mantengono un chiaro carattere di innovatività.

Per assicurare una fruizione in piena continuità delle agevolazioni compatibili ai due regimi, è stato messo a punto un meccanismo di conversione semplice e automatico, con cui le startup innovative che superano il quinto anno dalla costituzione, o i cinque milioni di euro in termini di valore della produzione annua, o ancora che distribuiscono gli utili o si quotano su una piattaforma multilaterale di negoziazione, e che risultano già in possesso di tutti i requisiti di cui all’art. 4, comma 1 del d.l. 3/2015, possono accedere in continuità al regime agevolativo di PMI innovativa: selezionando il codice 070 della modulistica d’impresa (“Startup: passaggio alla sezione speciale come PMI innovativa”), la società esercita la richiesta di cancellazione dalla sezione startup e, contestualmente, richiede l’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese riservata alle PMI innovative.

Tra le 565 PMI innovative iscritte al 30 giugno 2017, quelle che risultano aver detenuto in passato lo status di startup innovativa sono 211: una quota pari al 37,3%.

L’analisi dell’anno di costituzione di queste imprese consente di intuire come il venir meno del requisito anagrafico previsto dal regime transitorio di cui all’art. 25, comma 3, del d.l. 179/2012, già richiamato nel par. 2.1.1, rappresenti la causa prevalente di fuoriuscita dal regime di startup innovativa.

Si attende nei prossimi mesi la Relazione per l’anno 2018, grazie alla quale sarà possibile conoscere i dati aggiornati sulle PMI innovative del nostro Paese e individuare rapporti e interferenze con il settore startup.

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