Come gestire il team di lavoro: 5 consigli per manager e startup

In che modo comunicare al meglio col proprio team, anche quando devono essere formulate delle critiche? 5 consigli pratici per gestire il team

Pubblicato il 25 Ott 2018

Essere leader di un gruppo e gestire il team, specialmente di una startup, non è sempre una passeggiata. Sono coinvolte le caratteristiche psicologiche di ciascuno, che nella relazione e nelle dinamiche di gruppo, possono prendere il sopravvento. Come evitarlo? Spesso è solo una questione di comunicazione.

Ma vediamo prima di tutto quali sono le dinamiche relazionali di un team e come un approccio etico nei gruppi di lavoro sia non un’utopia ma una possibilità. Ci aiuta in questo percorso la dottoressa Lidia D’Abbrunzo, psicologa e psicoterapeuta.

“Come individui da sempre ci confrontiamo con gli altri. Dal grembo materno, in una relazione fusionale e duale, di colpo siamo inseriti nel gruppo famigliare, composto da molteplici figure (il papà, i fratelli, i nonni, gli zii) e questo è il primo gruppo con il quale ci si relaziona. Di seguito compariranno altre forme gruppali, via via sempre piu’ complesse. Pensiamo al gruppo scolastico, sportivo, universitario; infine quello lavorativo, che a livello psicologico sembra essere l’ultimo step, raggiungibile solo dopo aver maturato un’esperienza di relazioni di gruppo. Capita però che il retroterra cultuale e familiare non sia una sufficiente garanzia di adeguata formazione”.

Cosa si intende per gruppo

Secondo il Dizionario di Psicologia Galimberti, il gruppo è inteso come un insieme di individui che interagiscono tra loro influenzandosi reciprocamente e che condividono, più o meno consapevolmente interessi, scopi, caratteristiche e norme comportamentali.

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Ponendo l’attenzione sull’aspetto dell’influenza reciproca, è possibile dire che un’organizzazione, grande o piccola che sia, dispone di un suo impianto gerarchico, di conseguenza l’interazione tra i membri porta alla creazione di esperienze relazionali diverse e a differenti coloriture affettive. Di fatto l’organizzazione richiede che ognuno assuma un ruolo, una funzione, che prevede delle differenziazioni relazionali, le quali hanno il fine di offrire la migliore ”produzione” possibile.

Queste specifiche fanno riferimento a tutti i tipi di relazioni di gruppo che si vivono nella vita, ma soprattutto si riproducono nel luogo di lavoro dove il ”regime” gerarchico è più complesso. In questo contesto infatti subentrano dei sentimenti nei confronti di colleghi e superiori che non sempre possono essere positivi, si può provare timore verso il capo, antipatia verso un collega o simpatia nei confronti della nuova arrivata. In questi casi, possono subentrare delle sensazioni vissute in altri contesti nei quali ci si è sentiti ”rospi”, inteso come persona non appieno valorizzata e/o considerata dai cosiddetti ”principi” e ”principesse” che ricoprono il ruolo del superiore, che incontriamo in ufficio, dietro a un pc, a una riunione, in mensa o al vertice della gerarchia. Come lavorare in un gruppo composto da diversi principi e diversi rospi? Quale opportunità e quali strategie puo’ dunque adottare un leader per condurre individui con storie, motivazioni e ruoli diversi ad essere e sentirsi gruppo?

Leadership democratica

Si ha modo di incontrare leader, riconosciuti dal gruppo come portatori di “talenti emotivi”, con la capacità di andare oltre se stessi e incontrare l’altro, riconoscendone il valore. Questo avviene in un clima che stimola l’autonomia e la creatività.

Ma come gestire le differenze, le aggressività e gli atteggiamenti passivi? Uno stile che utilizza un approccio democratico e assertivo favorisce il processo di coesione del gruppo e adesione partecipe alla mission. Se ci si pensa, nella lingua italiana la parola assertività significa qualcosa di affermativo, è sinonimo di positivo e di ben riuscito. In esso coesistono, quindi, due significati: l’affermare, esplicitare le proprie opinioni e atteggiamenti, e l’impegno a risolvere positivamente le situazioni problematiche. L’esperienza temuta, del confronto dialettico, puo’ in quest’ottica etica, essere rivisitata nella sua accezione positiva perdendo lo stigma della discordia, dell’ostilità. Una cultura democratica favorisce dunque nel gruppo una comunicazione chiara, che si avvale esclusivamente della valutazione del comportamento e non della valutazione del valore del soggetto. Stimola quindi lo scambio di sentimenti e facilita la mediazione affinché le diverse parti possano cooperare per soddisfare i propri bisogni e portare a un rapporto di fiducia e stima. La funzione del conduttore, in questo caso il leader, può giovarsi dell’effetto “eco”, puo’ stimolare l’adesione a un clima organizzativo che tenga in considerazione dei bisogni del singolo inserito nel gruppo, facendo anche da modello, per cercare di far emergere il “principe” che è in ogni individuo a farsi spazio con coraggio, fuori da vecchi schemi disfunzionali. In questa misura il gruppo è una nuova entità, diversa dalla somma delle singole parti. Il singolo puo’ percepire di essere “visto” come portatore di propri valori e caratteristiche peculiari, in questa veste nuova , può esprimere se stesso al meglio.

Regole d’oro per gestire il team

Ora che abbiamo maggiore consapevolezza dell’entità gruppo o team, dobbiamo passare alla loro ‘implementazione’. Abbiamo chiesto alla dott.sa Simona Lauri, psicologa, esperta di dinamiche del lavoro, di regalarci qualche indicazione pratica su come comunicare meglio col proprio team, anche quando devono essere formulate delle critiche, e come esercitare una leadership vincente.

Ecco 5 regole d’oro per gestire il team in modo etico, empatico ed efficace.

1) Leadership non è sinonimo di dominio

La leadership è l’arte di persuadere gli altri a cooperare in vista di un obiettivo comune: evita di assumere atteggiamenti e modalità comunicative improntate sul comando e l’autoritarismo.

2) Dai ai componenti del gruppo costanti feedback

Può sembrare scontato, ma a volte, questo aspetto, se trascurato, è in grado di provocare incomprensioni e uno stato di insoddisfazione generale del gruppo, il quale, talvolta, non sa se ciò che sta facendo va nella giusta direzione o meno. Fate passare in modo chiaro le informazioni di cui il team ha bisogno per continuare a lavorare in modo efficiente.

3) Metti i tuoi collaboratori nelle condizioni di lavorare senza stress. Una persona a disagio, impara e prende decisioni con lucidità decisamente inferiore, rispetto ad una rilassata e senza nessuna sensazione di pressione.

4) Formula critiche sensate

Una critica costruita con tatto, rappresenta uno dei messaggi più costruttivi che un leader possa fornire ai suoi collaboratori. Come formulare una critica positiva?
Evitate di pronunciare le critiche come attacchi alla persona, dal momento che in questo modo, scatenerai nell’altro una reazione di difesa e aumenti le probabilità che possa insorgere una discussione. Poni l’accento su quanto la persona ha realizzato o potrebbe eventualmente realizzare, piuttosto che “tacciare” un lavoro poco soddisfacente, come il banco di prova dell’incapacità della persona.
Siate specifici: focalizzatevi su aspetti specifici, distinguendo quello che una persona ha fatto bene da quello che è riuscita a fare meno bene, suggerendo possibili alternative.

5) Proponi sempre una soluzione

Una critica, è veramente costruttiva, se accompagnata da un ventaglio di possibili soluzioni che aiutano la persona a crescere.
Parlate di persona: mai delegare o scrivere le critiche via mail, la comunicazione rischia di diventare impersonale e non consente all’altro di replicare o fare domande.
Sensibilità: siate empatici, prima di formulare una critica, pensate alla persona con la quale parlerete e alle sue caratteristiche.

In fine un consiglio, per chi le critiche le riceve: provate ad accettarle e a viverle come informazioni preziose per crescere, come un’opportunità per trovare, insieme a chi formula la critica, una soluzione al problema.

Hanno collaborato a questo articolo la dottoressa Lidia D’Abbrunzo, psicologa e psicoterapeuta di MioDottore; la dottoressa Simona Lauri, psicologa, psicoterapeuta, coach e mental trainer.

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