Editoriale

La voce delle startup

Cresce l’importanza di posizionare l’ecosistema delle startup presso le istituzioni e diventa quindi fondamentale il ruolo delle associazioni di settore

Pubblicato il 17 Nov 2021

C’è un tema nell’ecosistema italiano: il suo posizionamento rispetto alle istituzioni e quindi al ruolo che ha nel Paese. Si tratta di un pezzo di economia che sta registrando numeri significativi in particolare nei tassi di crescita, li vediamo poi più avanti in questo articolo, ma che soprattutto rappresenta l’aspetto più concreto dell’innovazione e dell’evoluzione del mondo dell’impresa, del lavoro, della creazione di valore sociale, economico, ambientale.

Un pezzo di economia e società italiana che quindi è giusto e doveroso che sia capace di porsi nella condizione di essere opportunamente rappresentato anche a livello istituzionale, che sappia porre le sue istanze, che con convinzione sia in grado di fare richieste per potersi migliorare e crescere più rapidamente. Si tratta di elementi fondamentali se si desidera che l’ecosistema italiano delle startup diventi sempre più forte e soprattutto capace di competere a livello internazionale, europeo in particolare, dove il gap con le altri grandi economie come Francia e Germania è ancora abissale.

Fino a oggi questa capacità di farsi ascoltare ha ottenuto effetti alterni. Dal 2012 quando fu varato dall’allora governo Monti il cosiddetto ‘startup act’ che ha introdotto il registro delle startup innovative, poco è successo, anzi sono stati fatti anche alcuni passi indietro come lo smacco della questione legata alla possibilità di costituire la startup online senza andare necessariamente dal notaio che è stata di recente definitivamente abolita  , o quello dell’affare Enea Tech nato come strumento per il finanziamento delle startup che ha subito un repentino cambio di rotta. Sono invece molto valide iniziative come CDP Venture Capital che con i suoi nove fondi sostiene l’ecosistema in vari modi: investendo, co-investendo, contribuendo a creare acceleratori e poli di innovazione per il trasferimento tecnologico, supportando le imprese consolidate ad avvicinarsi alle startup, e come gli inventivi fiscali per coloro che investono in startup innovative.

È quindi legittimo pensare che si possa fare di più, che serva una maggiore determinazione nel supportare e promuovere le istanze dell’ecosistema startup nei confronti delle istituzioni e dei decisori politici. Ma chi lo fa? Lo fanno le associazioni le quali però, vuoi perché stiamo parlando di un mondo che per molte istituzioni appare ancora nuovo e in parte poco comprensibile, vuoi perché è mancata una buona dose di determinazione, vuoi perché in momenti complessi come quelli che stiamo vivendo e che viviamo da due anni a questa parte è sempre difficile fare comprendere istanze legate a questioni che non sono viste come risposta immediata all’emergenza, vuoi perché sono appunto mancati i risultati, sono diventate una piccola galassia.

C’è Innovup che nasce dalle ceneri di quella che era Italia Startup, nata sull’onda dello startup act, che poi si è fusa con l’Associazione dei parchi scientifici e tecnologici (Apsti), e che da quando ha cambiato nome e pelle si è dimostrata molto più attiva rispetto a quando ancora si chiamava Italia Startup. Ci sono numerose associazioni di carattere settoriale, come per esempio Associazione Startup Turismo , e di carattere locale come per esempio Roma Startup e ci sono le associazioni che nascono dal mondo degli investitori come Aifi e VC Hub  che dal 15 novembre 2021 è diventata Italian Tech Alliance portando a bordo anche le startup.

Di fronte a questo panorama c’è chi si pone affermando che vi è il rischio di una eccessiva parcellizzazione per un ecosistema che è comunque ancora piccolo e tale parcellizzazione rischia di togliere forza alla voce comune, chi invece afferma che visti i poveri risultati ottenuti fino a ora è opportuno continuare a sviluppare nuove forze nella speranza che si dimostrino maggiormente efficaci, chi ancora pur ammettendo che una voce comune sarebbe certamente più di peso non trascurano l’importanza di una sorta di ‘concorrenza’ anche tra queste realtà che potrebbe rivelarsi positiva. C’è anche chi sottolinea che mettere investitori e startup sotto lo stesso cappello è rischioso perché i due principali pilastri dell’ecosistema hanno spesso diverse esigenze non sempre convergenti, d’altra parte invece la strada di mettere imprenditori e investitori insieme può essere, per altri, la giusta direzione per dare maggiore forza all’ecosistema.

Ciò che davvero conta è che vi sia un approccio di collaborazione tra le associazioni e la cosa già avviene, lo si vede quando insieme supportano eventi e iniziative, e si sa che spesso lavorano insieme su determinate istanze. È fondamentale che il messaggio che arriva alle istituzioni sia appunto quello di collaborazione, un messaggio che, pur mantenendo vive le specificità delle diverse associazioni, risulti coordinato, preciso e, possibilmente efficace, nel portare vantaggi all’ecosistema. Il verificarsi di uno scenario conflittuale sarebbe dannosissimo e darebbe ai  decisori politici un motivo in più per considerare marginale il fenomeno delle startup così come è avvenuto nei casi prima citati e così come potrebbe accadere se anche i due miliardi promessi dal governo all’ecosistema delle startup di recente fossero, per qualche ragione, ritoccati al ribasso. Spauracchio questo sempre presente almeno fino a che non vi sarà un decreto che definirà cifre e tempi, e già serpeggia la possibilità che proprio i tempi si allunghino rispetto a quanto annunciato e che i soldi complessivi siano poi distribuiti in vari modi, ma benché questo timore da parte dell’ecosistema sia reale, si rimanda ogni considerazione in merito a consuntivo quando le decisioni saranno prese.

Veniamo ai numeri. Quanto è grande il fenomeno startup in Italia? In attesa che il 30 novembre vengano presentati i dati dell’Osservatorio Startup Hi-Tech della School of management del Politecnico di Milano, con i dati relativi agli investimenti in startup e scaleup tracciati durante il 2021 (qui i dati del 2020 ) , possiamo fare riferimento ai numeri contenuti nell’Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital presentato in via preliminare il 15 novembre 2021 (la presentazione completa avverrà il 3 dicembre 2021 in occasione di Connext 2021) e promosso da Assolombarda e Innovup, insieme a InfoCamere, gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, Confindustria, Piccola Industria Confindustria e AnciLab.

Il rapporto è ampiamente articolato, estraiamo qualche dato: nel 2021 le startup e Pmi innovative in Italia sono cresciute del 17,6% toccando quota 16.108, cresce il numero di soci (16,6%) e delle partecipazioni dirette e indirette (19,9%) che sfiorano quota 110mila di cui 20mila di genesi industriale. Guardando alle 14mila startup innovative presenti nel registro ad agosto 2021 si registrano 83.331 quote detenute da 56.955 soci, valori in crescita, rispettivamente del 16,1 e del 18,8%.

L’osservatorio analizza poi i bilanci delle startup per comprendere meglio il valore che esse generano, naturalmente si tratta dei bilanci relativi all’anno 2020. Qui emerge il dato del fatturato complessivo pari a 1,7 miliardi di euro di cui quasi il 45%, ovvero 764 milioni di euro, prodotto da startup che hanno anche soci di genesi industriale. Guardando alle Pmi innovative si ha un risultato complessivo di 5,9 miliardi di euro di cui 1,4 miliardi di euro da realtà che erano precedentemente startup innovative.

Relativamente agli investimenti questo osservatorio riporta i dati del 2020 perché estratti appunto dai bilanci delle startup. Il totale complessivo è di 785 milioni di euro di cui 343 milioni di euro da investitori industriali, 330 milioni di euro da family and friend, 103 milioni di euro da investitori specializzati e 9 milioni di euro di genesi puramente finanziaria. Questo dato risulta essere un po’ diverso da quello dell’Osservatorio Startup che aveva chiuso il 2020 con un totale degli investimenti pari a 683 milioni di euro ma questa discrepanza si spiega con due ragioni molto specifiche: la prima è che l’Osservatorio è presentato alla fine dell’anno in corso quindi quando mancano ancora alcune settimane al termine dell’anno solare, sarà quindi interessante valutare il dato consolidato 2020 che sarà presentato il 30 novembre 2021 insieme ai valori relativi a quest’anno, la seconda è dovuta a una differenza sulla metodologia nella raccolta dati: l’osservatorio Assolombarda-Innovup prende  le informazioni direttamente dai bilanci delle aziende iscritte al registro delle startup innovative, mentre l’Osservatorio Startup guarda ai round di investimento registrati dall’ecosistema durante l’anno tenendo quindi anche in considerazione le startup che non sono necessariamente iscritte al registro ma senza tracciare ogni singola operazione di investimento fatta dalle aziende in startup che magari non viene annunciata come round e quindi diventa nota solo quando si verificano i bilanci.

Fatte queste precisazioni prendendo atto che il fenomeno è articolato e che quindi è più che normale che ci possano essere discrepanze anche se i valori complessivi non si discostano di moltissimo e ci danno comunque una idea piuttosto precisa della dimensione del fenomeno sia in termini di investimenti, sia in termini di capacità di creazione del valore. Dimensioni certamente ancora modeste se confrontate con quelle di altri settori o con quelle degli ecosistemi di altri Paesi ma con valori che crescono in modo significativo già da anni, una crescita che merita di essere sostenuta in modo convinto e deciso perché non solo capace di generare nuove opportunità in termini finanziari ed economici ma anche, e soprattutto, perché capace di portare innovazione sia di prodotto, sia di processo, sia di approccio, cosa che risulta vitale in un momento storico come quello attuale in cui ci troviamo ad affrontare sfide sociali e ambientali di portata globale. (Photo by Oleg Laptev on Unsplash )

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