Startup Act, più mercato per la fase due

Il documento di valutazione dello Startup Act italiano da parte di Oecd enfatizza la necessità di applicare criteri di selezione più vicini alle regole di mercato

Pubblicato il 26 Set 2018

E’ stato presentato questa mattina il rapporto dell’Oecd sulla ‘Valutazione dello Startup Act italiano’. Una iniziativa che è stata promossa da Luca Carabetta, Deputato M5S, Vice-presidente Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati, che era piuttosto attesa dall’intero ecosistema italiano delle startup se non altro per comprendere meglio le posizioni dell’attuale governo nei confronti del tema startup. Il rapporto completo anche di risultati e raccomandazioni di policy è disponibile qui , si tratta di un documento di quasi 90 pagine che, proprio in tema di raccomandazioni di policy a pagina 77 enfatizza elementi che noi di Startupbusiness abbiamo sempre considerato importanti al fine di migliorare l’attuale legge e renderla maggiormente compatibile con il mercato e con un’ottica di sviluppo internazionale.

Recita il rapporto: “Valutare l’opportunità di introdurre un ulteriore requisito di eleggibilità più orientato al mercato, che andrebbe ad aggiungersi ai tre indicatori alternativi relativi all’innovazione. Esso potrebbe riguardare, ad esempio, la ricezione di un cospicuo investimento in equity da parte di un investitore indipendente istituzionale o informale. Una simile modifica sarebbe in linea con la necessità di rafforzare il mercato degli investimenti in equity” – e aggiunge – : “Considerare la possibilità di sostituire – o persino eliminare – il requisito di ammissibilità legato all’oggetto sociale dell’impresa con un criterio meno discrezionale. Sebbene tale requisito derivi dalla condivisibile necessità di selezionare le startup ad alto potenziale innovativo, esso rischia di lasciare un eccessivo margine di discrezionalità alle Camere di Commercio competenti per territorio, limitando la prevedibilità delle loro decisioni e creando disomogeneità territoriali”.

Abbiamo sempre detto che la valutazione di innovatività definita per decreto rappresenta una distorsione e crediamo quindi che le indicazioni del rapporto dell’Oecd vadano nella giusta direzione. Così come conferma lo stesso Luca Carabetta che ha così commentato nel corso dell’evento di presentazione: “Abbiamo apprezzato tanti aspetti della policy per le startup, quello di essere misurabile è uno dei più importanti, siamo d’accordo sul fatto che se questa prima fase, la fase uno, era relativa alla creazione dell’ecosistema, la fase due  sarà una azione verso i capitali di rischio, come ha annunciato anche il ministro Di Maio.  Con questo non voglio dire che azione verso il venture business è la soluzione per ecosistema, ci sono tanti gap da colmare, ma posso testimoniare un atteggiamento del governo di ascolto verso questo mondo, al di là degli atti che saranno prodotti. Entro fine anno abbiamo intenzione di avviare una piattaforma pubblica per stimolare il venture business: se pensiamo a ciò che c’è adesso vediamo soprattutto strumenti di investimento diretti, ma ciò che ha sbloccato in diversi Paesi il sistema sono stati invece gli investimenti indiretti, la piattaforma che stiamo pensando avrà dentro forme dirette e forme indirette, e il vettore principale sarà quello degli investimenti indiretti, lo disegneremo assieme, non vogliamo imporre niente al mercato, non posso scendere troppo nel dettaglio, ma pensiamo che questa azione possa essere un trigger per il mercato. Mentre disegneremo questo strumento avvieremo un’indagine conoscitiva in Parlamento, così come fatto in passato per il Piano Industria 4.0, siamo nel mezzo di questo percorso e il canale parlamentare permetterà di ascoltare tutti gli attori. A breve con una conferenza stampa parleremo meglio di queste misure”.

startup act

Un altro elemento positivo è quindi l’intenzione di coinvolgere tutti gli attori dell’ecosistema anche nello sviluppo della seconda fase delle politiche a sostegno delle imprese di nuova generazione che fanno innovazione. Anche la legge del 2012 fu frutto di un lavoro concertato con gli attori dell’ecosistema e in questo quindi l’attuale governo ricalca le modalità operative di allora, ma risulta importante la consapevolezza della necessità di aggiornare il pacchetto normativo che se nella sua prima vita ha contribuito fortemente a costruire la cultura delle startup, ora deve diventare framework per dare nuovo e significativo slancio alla parte più innovativa dell’economia del Paese che, come abbiamo più volte detto, è popolata da persone che hanno buone idee, ottime capacità e competenze e che realizzano imprese che nulla hanno da invidiare in termini di qualità e capacità di crescita a quelle che nascono e si sviluppano in altri Paesi.

Barbara Gambacorta – Emil Abirascid 

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