Trasferimento tecnologico, il modello dell’IIT di Genova

E’ il ‘MIT’ italiano: da lavoro a 1600 persone con un’età media di 35 anni di cui il 42% sono donne, provenienti dai 5 continenti e specialisti in 20 diverse discipline, tra cui teologi per meglio comprendere le sfide etiche nel campo della robotica

Pubblicato il 24 Gen 2019

“L’Istituto italiano di tecnologia è un centro di ricerca che ha la missione di promuovere il tessuto industriale italiano facendo ricerca, ma anche contribuendo a fare crescere il Pil”, spiega a Startupbusiness Matteo Bonfanti, director tecnology transfer directorate dell’IIT.

Oggi l’IIT ha la sua sede principale a Genova, ma è presente con sedi distaccate in tutta la Penisola: da Rovereto e Lecce passando per Venezia, Milano, Torino, Ferrara, Pisa e con anche due presenze negli Stati Uniti. Ha un giro d’affari annuo, quello che per un’azienda sarebbe il fatturato, compreso tra i 100 e i 120 milioni di euro che per la gran parte sono frutto del contributo del ministero Economia e Finanze che si attesta a 90 milioni di euro effettivi, e delle attività di ricerca sia sostenute da grant sia realizzate in ottica di progetti industriali con la collaborazione di aziende italiane attraverso i joint-laboratory.

“Il nuovo piano strategico che è stato approvato nel 2018 – aggiunge Bonfanti – enfatizza le due nostre missioni principali: quella scientifica e quella del trasferimento tecnologico, diversamente dalle Università, non abbiamo la terza missione perché non abbiamo la formazione, e ci concentriamo sulle sfide sociali: sostenibilità, aging, healthcare, insomma quelle che chiamiamo human centric technology”.

Oggi IIT ha le caratteristiche di una multinazionale, vi lavorano 1600 persone con un’età media di 35 anni di cui il 42% sono donne. Vi lavorano persone provenienti da 50 Paesi di tutti i 5 continenti e sviluppa 20 diverse discipline scientifiche: “di recente abbiamo assunto anche dei teologi per meglio comprendere le sfide etiche nel campo della robotica”, dice Bonfanti che aggiunge come sia per dimensione sia per qualità dell’attività oggi l’IIT viene comparato con i grandi centri di ricerca globali come il MIT, Max Planck institute, Gerogia Tech, Cal Tech anche se l’IIT può essere oggi visto come una startup in fase di scaleup essendo nata dieci anni fa : “dieci anni per un centro di ricerca sono come 2 o 3 anni per un’azienda e la nostra struttura è del tutto simile a quella di un’azienda”.

E come un’azienda genera del valore, lo fa sotto forma di trasferimento tecnologico, di protezione della proprietà intellettuale, di concessione di licenze d’uso e di creazione di spin-off.

“Mediamente registriamo ogni anno circa 30 brevetti e abbiamo uno staff dedicato a questa attività e in totale oggi contiamo 250 invenzioni e 700 domande di brevetto, il numero dei brevetti è importante perché è uno dei parametri con cui vengono misurati i centri di ricerca in tutto il mondo così come è anche importante che i brevetti siano depositati in più Paesi”, sottolinea Bonfanti che aggiunge: “abbiamo rapporti con industrie sia italiane sia straniere; sia startup sia corporate, oggi ci sono circa 100 progetti attivi che cubano oltre 10 milioni di euro e danno lavoro a circa 100 persone, quasi la metà dei progetti arriva da aziende straniere, ciò avviene senza attività di marketing, ma è la dimostrazione della forza del brand IIT anche all’estero. Abbiamo laboratori congiunti, joint venture informali tra noi e altri enti tipo aziende e Università realizzati con la modalità del co-investimento: noi mettiamo spazi, attrezzature e personale e i partner contribuiscono anche con denaro, si tratta di progetti che mediamente durano più di un anno come quelli con Nikon, Ibm, Danieli Automation, Novacart, Università Cattolica per esempio”.

L’IIT che, va ricordato è un ente no profit, ha realizzato fino a oggi 18 spin-off presso cui lavora 120 persone e un’altra trentina sono in pipeline, quelle che si sono maggiormente messe in mostra sono Ribestech , Movendo che ha raccolto 10 milioni di investimenti e fattura oltre un milione di euro , e BeDimensional di cui abbiamo parlato qui e approfondito qui con un articolo sul grafene che è il core business di questa società.

“Oggi stiamo lavorando a nuove spin-off – dice Bonfanti – sulla tecnologia riabilitativa, sull’aging e su un robot badante che si chiama R1, un personal humanoid che si comporterà proprio come un assistente personale a tutti gli effetti”.

Nei laboratori realizzati con Nikon i ricercatori lavorano a nuovi sistemi ottici per la microscopia, in quelli di robotica, che in parte si sono già trasferiti nella nuova sede degli Erzelli sempre a Genova, si sviluppano sistemi capaci di intervenire in casi di emergenza che hanno sembianze umane perché la maggior parte degli ambienti dove si devono muovere sono stati costruiti per l’uomo appunto, ma anche capacità che non sono tipiche del modello umano e infatti il progetto denominato Centauro ha la capacità di muoversi su quattro ‘zampe’ ma dalla vita in su è umanoide. Nel laboratorio di smart material si creano materiali biodegradabili ma che hanno proprietà simili alla plastica, spugne per recuperare olii dispersi in acqua e quindi contenere i disastri dovuti per esempio allo sversamento in mare di petrolio.

Questo il sito web IIT

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