ecosistema

Djungle Studio, il venture builder che punta sulle metriche

Alessandro Nasi, fondatore dello startup studio che ha sede a Torino spiega le strategie e presenta la prima startup: Mammt in ambito foodtech

Pubblicato il 25 Mar 2023

Il team di Djungle Studio

Era il gennaio del 2021 quando Planet Smart City, proptech internazionale, annunciò di avere acquisito Djungle che all’epoca era una software house che sviluppava soluzioni per il settore del retail. Planet Smart City era uno dei clienti di Djungle che ne comprese il valore, ciò anche grazie alla visione di Stefano Buono che era presidente della società la quale fa parte della galassia di attività che comprendono anche il veicolo di invedtimento LIFTT e la startup Newcleo.

Alessandro Nasi, è il fondatore di Djungle Studio il cui CEO è Giulietta Testa e dice a Startupbusiness: “Djungle Studio nasce  seguito dell’acquisizione che ci ha appunto dato le risorse per creare lo startup studio che abbiamo deciso di sviluppare con il modello di venture builder di tipo tradizionale sullo stile di Rocket Internet agli inizi con idee interne che vengono validate e supportate da investitori di serie A. Ora stiamo lanciando la prima delle nostre startup che si chiama Mammt il cui business è portare il cibo negli uffici con una modalità che possiamo definire ‘a sorpresa’: il cliente sceglie la tipologia di cibo che desidera e viene così definito un menu sulla base della profilazione ma poi il piatto singolo è appunto una sorpresa che il cliente scopre solo al momento di averlo ricevuto. Oggi Mammt è attiva a Torino e Milano e abbiamo fatto anche un esperimento a Madrid”.

L’importanza del de-risking

L’idea di fare di Djungle un venture builder è data dal fatto che è importante in questo momento nell’ecosistema italiano avere strumenti di de-risking, quindi realtà capaci di creare startup in modo che abbiamo il più elevato numero possibile di probabilità di crescita e sviluppo, ciò è importante per dimostrare l’efficacia del modello e per consentire anche ad altri attori dell’ecosistema, a partire dai venture capital che è possibile ridurre il rischio di fallimento e creare opportunità capaci di partire in un contesto che ne riduce i rischi verso il processo di crescita.

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“Secondo i piani attuali – continua Nasi – verso il mese di giugno completeremo il processo di spin-off di Mammt e avvieremo un fundraising su di essa, in seguito lavoreremo a un processo di crescita dello studio in se per arrivare entro fine anno a un fundraising direttamente sullo studio, non costituiremo un veicolo a parte ma raccoglieremo direttamente sulla ragione sociale di Djungle Studio al fine di potere avere le risorse necessarie per continuare a sviluppare startup che derivano da idee interne che vengono opportunamente validate”. La procedura di de-risking prevede quindi la valutazione dell’idea e tutto il processo che serve affinchè tali startup siano interessanti per gli investitori: “non proponiamo biz plan, ma lavoriamo sulle metriche, proponiamo agli investitori le curve di traction effettive”. La prima parte dell’operazione la finanza direttamente Djungle Studio e poi quando si iniziano ad avere le prime informazioni relativamente all’operatività della startup si va dagli investitori.

Oggi Djungle Studio occupa circa 40 persone che lavorano come designer, sviluppatori, marketing, sviluppo business, finanza e che rappresentano l’ossatura non solo dello studio ma anche delle startup che esso crea, ed è partito con una dotazione di 3,8 milioni di euro.

Mammt, la prima startup creata dal venture builder, fattura oggi circa 50mila euro al mese e ha una crescita, mese su mese, di circa il 20%, ha iniziato a operare sul mercato a luglio 2021 a Torino e Milano, ha fatto l’esperimento anche nella capitale spagnola e punta a raccogliere un round da 2 milioni di euro.

“Al momento abbiamo altre sei startup in cantiere, ne abbiamo per esempio una sul microcredito che al momento è in fase di sperimentazione per 18 mesi all’interno del sandbox di Banca d’Italia e un’altra che si propone di semplificare le pratiche burocratiche. Idealmente vorremmo sviluppare due startup all’anno da portare al round serie A applicando il modello venture driven e non team driven, la maggioranza delle quote delle startup le terrà Djungle Studio fino al momento dello spin-off”.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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