intervista

Idrogeno, opportunità per la ricerca e le startup

Giorgio Graditi, direttore del Dipartimento tecnologie energetiche e fonti rinnovabili ENEA, spiega quali sono i progetti legati all’idrogeno in atto in Europa e in Italia

Pubblicato il 06 Set 2022

Giorgio Graditi, direttore del Dipartimento tecnologie energetiche e fonti rinnovabili ENEA

Continua la nostra inchiesta sulle fonti di energia, ora che il dibattito politico del nostro Paese comincia a premere sul problema della Transizione energetica e sulle criticità che, con il mercato da una parte e la guerra dall’altra, emergono e si fanno sempre più urgenti.

Per le prossime elezioni diversi partiti hanno previsto nei loro programmi anche il mondo dell’innovazione, e nello specifico l’ecosistema delle startup – lo abbiamo approfondito in questo articolo.

Nella nostra inchiesta più volte abbiamo dimostrato come la Transizione energetica non può partire senza avere l’ausilio dell’innovazione, e senza quindi conoscere i molteplici attori che ne fanno parte. Abbiamo così portato avanti un dibattito composito con diversi protagonisti del mondo innovativo italiano: gli imprenditori, trovatisi a fare una scelta sulla fonte più soddisfacente per il fabbisogno energetico della propria impresa (esempio tra idrogeno verde e idroelettrico); scienziati che fanno impresa con il nucleare di quarta generazione coinvolti oggi dall’iter della UE sulla Tassonomia; professori e ricercatori che credono in un futuro sempre più prossimo di rinnovabili (esempio le comunità energetiche).

Stavolta siamo tornati al punto di partenza: l’idrogeno, grazie alla notizia della Commissione europea che ha voluto far partire un importante progetto di interesse comune europeo, l’IPCEI (Important Project of Common European Interest) attraverso l’approvazione del progetto denominato IPCEI Hy2Tech, preparato e notificato congiuntamente da quindici Stati membri: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna.

Gli Stati membri forniranno fino a 5,4 miliardi di euro di finanziamenti pubblici, che dovrebbero sbloccare ulteriori 8,8 miliardi di euro di investimenti privati. Nell’ambito di questo IPCEI, 35 aziende con attività in uno o più Stati membri, tra cui piccole e medie imprese e startup, parteciperanno a 41 progetti.

Il primo progetto IPCEI sull’idrogeno, prevede un finanziamento di oltre un miliardo di euro all’Italia per attività di ricerca e innovazione, di cui 52 milioni all’Enea.

Sul tema abbiamo intervistato Giorgio Graditi, direttore del Dipartimento tecnologie energetiche e fonti rinnovabili ENEA.

Come contribuirà ENEA all’IPCEI Hy2Tech?

L’Italia partecipa con 6 progetti industriali (Alstom, Ansaldo, De Nora/Snam, Enel, Fincantieri, Iveco) e 2 progetti di ricerca e sviluppi presentati da organismi di ricerca (ENEA e Fondazione Bruno Kessler).

Il progetto ENEA, di durata 5 anni, si pone l’obiettivo generale di contribuire a colmare il gap tra lo sviluppo e la validazione di tecnologie innovative a scala di laboratorio ed il livello di impianto pilota, supportando l’industria nella fase di prima industrializzazione. ENEA svolgerà attività di ricerca, innovazione, dimostrazione per favorire lo sviluppo e la riduzione dei costi dei processi produttivi e delle tecnologie attraverso la realizzazione di quattro linee pilota, di infrastrutture e laboratori avanzati e con un elevato livello di automazione.

Le linee pilota, concepite con un approccio flessibile e polifunzionale, intercetteranno l’intero processo produttivo – dalla realizzazione di componenti come elettrodi e membrane e sistemi di nuova generazione come celle e moduli innovativi, serbatoi per lo storage ecc. sino al testing e alla loro validazione – identificandosi come anello di congiunzione tra ricerca e industria per dare impulso al trasferimento tecnologico e all’industrializzazione di prototipi di laboratorio.

Quanto ci vorrà per la costruzione della Hydrogen valley di ENEA situata presso la Casaccia, dove saranno realizzati le 4 pilot line?

Le linee pilota di ENEA finanziate nell’IPCEI Hy2Tech si integreranno con le infrastrutture di ricerca già in corso di realizzazione nell’ambito della Hydrogen demo Valley, progetto finanziato con un investimento di 14 milioni di euro dal MiTE nell’ambito dell’iniziativa internazionale Mission Innovation. L’Hydrogen demo Valley sorgerà presso il centro di ricerca ENEA della Casaccia vicino Roma. Sarà un vero incubatore tecnologico, vale a dire un insieme di infrastrutture hi-tech dove sviluppare una filiera nazionale per la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo di idrogeno, puntando su ricerca, tecnologie, infrastrutture e servizi innovativi.

Il progetto ha l’obiettivo di contribuire alla creazione di un’economia dell’idrogeno affrontando aspetti tecnologici, normativi e regolatori, attraverso la realizzazione di un’infrastruttura hi tech di dimostrazione e sperimentazione e il coinvolgimento di stakeholder pubblici e privati operanti a vario titolo e livello lungo l’intera catena del valore dell’idrogeno.

Si intende realizzare una piattaforma per la sperimentazione e validazione delle diverse tecnologie di produzione, accumulo, distribuzione e utilizzo dell’idrogeno, puro o in miscela con il gas naturale, che agirà come “incubatore” di tecnologie e servizi legati alla filiera dell’idrogeno per accelerarne lo sviluppo e la penetrazione nei diversi settori applicativi: energia, industria, civile, residenziale e trasporti. Tra le diverse infrastrutture previste vi è anche la realizzazione di una stazione di rifornimento per veicoli a idrogeno, per il trasporto di persone e la movimentazione delle merci all’interno del Centro Ricerche ENEA.

Il Centro della Casaccia è una cittadella della ricerca, dispone di laboratori e infrastrutture di ricerca e di personale altamente qualificato, e rappresenta un ambiente sperimentale perfetto. Abbiamo avviato le prime gare per gli studi di fattibilità e contiamo nei primi 18 mesi di realizzare le infrastrutture portanti, facendo seguire l’istallazione dei diversi componenti e sottosistemi entro 24/26 mesi. Successivamente potrà avere inizio l’attività di dimostrazione e sperimentazione.

Il connubio tra ricerca e industria rappresenta indubbiamente un valore aggiunto che si traduce in ricadute economiche dirette e indirette per lo sviluppo sociale e la crescita dell’occupazione, anche attraverso la formazione e la riqualificazione di figure professionali, e in benefici in termini di decarbonizzazione del sistema energetico nazionale e incremento nell’utilizzo delle fonti rinnovabili.

In questo contesto, nell’ambito del progettoHydrogen Valley si terrà dal 21 al 23 settembre 2022, presso il Centro di ricerche di Casaccia, una Summer School sull’idrogeno indirizzata a dottorandi, ricercatori e giovani professionisti italiani e stranieri che lavorano nelle diverse aree di sviluppo tecnologico dell’idrogeno con l’obiettivo di fornire una panoramica tecnologica e una base solida di confronto sulle sfide da affrontare per lo sviluppo e l’integrazione sostenibile dell’idrogeno nel sistema energetico.

Quali e quante startup parteciperanno al progetto?

L’IPCEI Hy2Tech vede la partecipazione di sei grandi imprese e due enti di ricerca italiano con un finanziamento complessivo di oltre un miliardo di euro. L’obiettivo comune è di creare su scala nazionale una filiera della componentistica per sviluppare elettrolizzatori, celle a combustibile, tecnologie per lo stoccaggio, trasmissione e distribuzione dell’idrogeno sino agli usi finali.

Oltre alla validazione delle tecnologie in chiave pilota o dimostrativa, l’IPCEI Hy2Tech affronterà anche la sfida dello scaleup dei processi produttivi, tra cui la realizzazione di Gigafactory per la produzione di elettrolizzatori, con l’obiettivo di fornire anche un contributo allo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili necessarie per realizzare la decarbonizzazione delle filiere industriali.

Nell’implementazione delle progettualità nazionali i soggetti titolari (partecipanti diretti) coopereranno attraverso collaborazioni tra loro e con altri stakeholder (PMI, startup, spin-off) e con EPR ed Università al fine di dar vita ad un ecosistema idrogeno che possa mettere a sistema e valorizzare al meglio tutte le competenze ed esperienze disponibili e favorire al contempo sviluppo occupazionale e nuovi posti di lavoro.

Come ha espresso la Commissione europea, gli IPCEI servono a colmare il gap tra iniziative private a sostegno dell’innovazione, enti pubblici e carenze di mercato per ogni Stato membro. Purtroppo, il nostro Paese è ancora in ritardo nell’elaborazione della propria strategia per l’idrogeno, a differenza per esempio di Francia, Spagna e Germania. A oggi, infatti, l’unico documento esistente sono le “Linee guida della Strategia Nazionale dell’idrogeno”, rilasciate a fine 2019. All’interno delle linee guida si traccia uno sviluppo che riflette in maniera consistente quanto riportato all’interno della Strategia Europea. Più in particolare, le linee guida pongono un obiettivo di capacità di elettrolizzatori di 5 GW al 2030 con conseguenti investimenti previsti per circa 10 miliardi di euro di cui 5-7 miliardi per la produzione di H2 (non per la generazione rinnovabile necessaria), 2-3 miliardi per lo sviluppo di infrastrutture e un miliardo per la Ricerca. Con il decreto firmato a maggio il Governo ha attuato l’investimento 5.2 (M2C2) del PNRR, stanziando 450 milioni di euro per lo sviluppo delle tecnologie dell’idrogeno. Obiettivo: realizzare entro giugno 2026 una filiera italiana che raggiunga una potenza complessiva annua di almeno 1 GW. Nel 2021 le startup del settore cleantech hanno raccolto 53,7 miliardi di dollari, e nel venture capital entro il 2025, si prevede che gli investitori allocheranno da 1,5 a 2 trilioni di dollari all’anno in un’ampia gamma di startup che promettono di stravolgere qualsiasi cosa, dai viaggi e gli spostamenti all’agricoltura, all’edilizia e altro ancora. L’IPCEI Hy2Tech è un primo passo importante ed ENEA è uno dei principali attori italiani. Ma per il nostro Paese cosa serve ancora e come potrebbe maggiormente contribuire ENEA nel far rispettare le deadline di decarbonizzazione 2030 (sviluppo sostenibile) e 2050 (emissione nette zero)?

La presenza di 8 progettualità italiane – l’Italia è seconda solo alla Francia come numero di progetti finanziati – nel primo progetto IPCEI sull’idrogeno approvato dalla Commissione Europea, è la dimostrazione che l’Italia può giocare un ruolo strategico nei diversi settori di riferimento della filiera dell’idrogeno: produzione, logistica e trasporto, usi finali nel trasporto, industria e residenziale. Grazie alla leadership tecnologica in alcuni settori manifatturieri (per esempio il cluster termico e meccanico, già oggi si identificano tra i primi due produttori continentali di tecnologie termiche e meccaniche e di impianti e componenti potenzialmente utilizzabili per l’idrogeno) e alla presenza di enti di ricerca e università di alta qualificazione, sarà possibile accelerare l’innovazione e la diffusione sul mercato dell’idrogeno.

L’ENEA possiede consolidate competenze ed esperienze sull’intera filiera delle tecnologie dell’idrogeno, maturate attraverso programmi e progetti di ricerca, sviluppo, sperimentazione ed innovazione, orientate a favorire la riduzione dei costi e dell’impiego di materiali critici ed incrementare l’efficienza, la durabilità e la flessibilità operativa.

Il settore della produzione dell’idrogeno è quello su cui è rivolta la maggiore attenzione: la tecnologia degli elettrolizzatori può considerarsi abbastanza matura anche se ulteriori sviluppi sono necessari per ridurne costi, consumi energetici e aumentarne durata e stabilità di funzionamento nel tempo, con l’obiettivo generale di avvicinare il costo dell’idrogeno al valore di 2 euro/kg (attuale costo di produzione dell’idrogeno grigio). Accanto al miglioramento delle tecnologie esistenti, la ricerca è attiva anche sullo sviluppo di tecnologie innovative di produzione di idrogeno che contemplano sia i processi elettrolitici (AEM elettrolizzatori con membrana a scambio anionico, MCE elettrolizzatori a carbonati fusi ecc.) sia altri processi (di reforming del biogas, integrati con energia rinnovabile da fotovoltaico o solare termico, reforming elettrico, biologici, pirolisi ecc.).

La maturità tecnologica e la presenza di un’industria pronta a “convertirsi” all’idrogeno, insieme a programmi e progetti R&D&I, sono condizioni necessarie ma non sufficienti. Infatti, altre barriere, di natura non tecnologica, dovranno essere abbattute anche attraverso la definizione ed implementazione di un quadro legislativo/regolatorio, normativo/tecnico e autorizzativo chiaro e di facile applicazione, nonché l’attuazione di schemi di incentivazione, in un’ottica di neutralità tecnologica, per il settore dell’idrogeno.

L’UE non si è ancora espressa pubblicamente su una proposta che individui il traguardo di un mercato unico dell’energia. Anche se erano state decretate le deadline del 2030 (sviluppo sostenibile) e 2050 (emissioni nette zero), in realtà sembra proprio che i modi di attuazione della transizione verde vengano continuamente ribaltati e ridisegnati da ogni Stato membro, causa anche l’attuale guerra. Da una parte infatti promuove IPCEI, dall’altra gas e nucleare tramite la Tassonomia diventeranno fonti sostenibili. L’utilizzo del nucleare detto di quarta generazione darà un contributo innovativo alla produzione di idrogeno?

L’idrogeno verde è l’idrogeno ottenuto utilizzando energia prodotta da fonte rinnovabile. Il processo di riferimento è l’elettrolisi dell’acqua, ossia un processo elettrochimico la cui energia elettrica necessaria per scindere la molecola di acqua in idrogeno e ossigeno, attraverso gli elettrolizzatori, proviene da fonte rinnovabile (eolico, fotovoltaico, biomassa, idroelettrico ecc.).

L’energia elettrica utilizzata dagli elettrolizzatori potrebbe provenire da fonte nucleare – caratterizzata da un funzionamento privo di emissioni di CO2 – e in tal caso si parla di idrogeno viola. Produrre idrogeno viola richiede comunque di affrontare il tema delle scorie radioattive (sebbene ridotte negli impianti di quarta generazione) oltre che investimenti significativi per la produzione su larga scala.

La disponibilità della fonte nucleare per la produzione di idrogeno potrebbe favorire una maggiore diffusione degli elettrolizzatori a condizione che il costo del kWh da nucleare di quarta generazione risulti confrontabile con quello prodotto da eolico/fotovoltaico.

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