Startup in Italia, ecco i numeri del 2020 e le prospettive per il 2021

Pubblicato il 02 Feb 2021

Nel periodo storico in cui qualsiasi mercato trova difficoltà non tanto a ripartire quanto ad esprimere una previsione che vada almeno oltre un mese, l’ecosistema delle startup potrebbe fare la differenza. Un punto di partenza lo si trova infatti analizzando il loro andamento nel 2020, guardando ai dati e alla lotta contro l’avanzata della covid-19 attraverso gli studi pubblicati.

Lo studio di Startup Genome

Lo studio di Startup Genome – The Global Startup Ecosystem Report 2020 (GSER2020) di giugno scorso (qui l’articolo) , aveva certamente fornito una panoramica disarmante sull’ecosistema mondiale delle startup: dopo il lockdown il 40% delle startup sarebbero state nella cosiddetta red zone, vale a dire avere tre mesi o meno di liquidità, e quindi di vita.  Nello studio l’Italia non solo non compariva fra gli ecosistemi migliori per le startup, ma era assente pure nella lista dei 30 inseguitori (ranking 2020: Top 30 + runner-up), ovvero gli ecosistemi in rapida crescita.

Addirittura, nella Top 100 Emerging Ecosystem Rankings dello studio le città italiane avevano i seguenti punteggi: Milano si posizionava tra il 21° e il 30° posto e Roma tra il 71° e l’80° posto.

Studio di EY e VC Hub Italia

Per fortuna a far chiarezza sulla situazione italiana, e – ammettiamolo – a tranquillizzarla, era subito dopo intervenuto lo studio realizzato a luglio da EY e VC Hub Italia – L’impatto dell’emergenza covid-19 sulle startup e sull’ecosistema dell’innovazione in Italia (di cui demmo notizia qui) . Secondo la loro analisi la principale problematica connessa all’emergenza sanitaria covid-19 sembrava risultare nel calo della domanda: il 68% delle startup coinvolte nello studio dichiarava che gli effetti dovuti allo stato di pandemia avevano causato un calo della domanda, e per il 25% di queste, tale calo è risultato superiore al 50%.

Come hanno reagito le startup? Il 55% di loro aveva dovuto ricorrere alla cassa integrazione; il 54% si preparava alla ricerca di finanziamenti per ripartire; a causa del lockdown solo il 5%, però, aveva interrotto l’attività; infine una startup su tre delle intervistate aveva dichiarato di aver dovuto interrompere o ritardare il round d’investimento.

Stando quindi a questi dati le startup italiane davano prova di resilienza. A confermarlo lo studio indicava inoltre come migliore ripartenza, a detta delle start up e dei VC intervistati, la ricerca principalmente di nuovi finanziamenti, lo sviluppo di nuovi business plan e la ridefinizione delle proprie priorità.

Il rapporto dell’OCSE

Arrivati a settembre uno studio dell’OCSE – rapporto finanziato dal MiSE e intitolato “Blockchain per startup e PMI in Italia” (qui ne scrivemmo ) – dava una panoramica e parentesi diversa nell’ecosistema delle startup, stavolta infatti la prospettiva riguardava la blockchain, ma nell’affrontarla offriva dati importanti sull’ecosistema delle startup innovative: nella prima parte dello studio si evidenziava il calo della dimensione della popolazione delle PMI, nonostante avessero da sempre rappresentato il 99% del totale delle attività economiche in Italia, a fronte quindi di una crescita esponenziale delle startup. Tra i dati interessanti figuravano: oltre la metà delle aziende intervistate era riuscita ad attrarre venture capital; il 63% delle aziende coinvolte aveva sviluppato rapporti con ricercatori ed università italiane e straniere (esempio l’azienda Foodchain).

Ma quali risultavano essere, sia allora che oggi, gli impedimenti contro i quali tali aziende che sviluppano blockchain si scontrano? Il legame, l’interazione tra normativa e innovazione, e pertanto, l’incertezza di molti imprenditori a sviluppare nuove soluzioni. In conclusione, nonostante tutte le numerose iniziative e normative per svecchiare il Paese verso i tanto oramai blasonati trasferimento tecnologico e digitalizzazione come: Startup Act; concetto di work-for-equity; maggior uso di stock option – fondamentale per lo sviluppo di una startup -; iniziative del MEF – esempio il progetto SUNFISH e la piattaforma PoSeID-on; snellimento del programma Smart&Start per favorire le startup; Decreto Semplificazioni con la sua validità giuridica agli smart contract, i finanziamenti mediante investimenti VC non sembravano da soli essere ancora sufficienti. Gli stessi imprenditori nello studio sottolineavano “la complessità delle procedure burocratiche e l’obbligo di cofinanziamento” come ostacolo e affermavano che notai, consulenti fiscali e agenzie pubbliche avrebbero tuttora una insufficiente conoscenza di tali strumenti, cosa che diviene un ulteriore ostacolo allo sviluppo e all’applicazione delle soluzioni basate su blockchain.

Il Fondo Rilancio

Finalmente, dopo un lungo iter di sei mesi, iniziato infatti con Decreto a maggio, usciva in Gazzetta Ufficiale a metà novembre l’operatività del Fondo Rilancio (ne scrivemmo qui ) , destinato a sostenere le startup e PMI innovative italiane con 200 milioni di euro e con l’obiettivo di stimolare gli investimenti nelle startup attraverso diverse misure, quali, la possibilità per le startup e PMI innovative di ottenere finanziamenti pari a quattro volte l’importo totale delle risorse raccolte dalle medesime con limite massimo di un milione di euro per singolo investimento, e inoltre, dedicare agli investitori qualificati (incubatori certificati, acceleratori, business angel anche stranieri) due terzi del Fondo, mentre un terzo agli investitori regolamentati (SGR).

Lo studio di Mind the Bridge e Amazon Web Services

Il report Tech Scaleup Italy 2020 di Mind the Bridge e Amazon Web Services uscito a gennaio 2021 apre invece una parentesi sull’ecosistema delle scaleup italiane: nonostante il ritardo, dovuto soprattutto anche da quanto sinora detto, sembra nel 2020 apparire in crescita rispetto al resto dell’Europa. Sia le ex startup diventate quindi maggiorenni che le aziende innovative in grado di raccogliere oltre 1 milione di dollari, italiane, rappresentano dunque il 3% delle scaleup in Europa e comportano l’1,4% dei finanziamenti europei raccolti dal settore.

Solo in Italia ci sono 261 scaleup in aumento rispetto l’anno precedente essendo stati iniettati 375 milioni di dollari di nuovo capitale (cifra che quasi pareggia il 2019). Aberto Onetti, presidente di Mind the Bridge, prevede che l’Italia chiuderà il 2020 con 680 milioni di dollari di nuovi finanziamenti e con 48 nuove scaleup (come riferisce e conferma il rapporto della School of Management del Politecnico di Milano di cui qui i dettagli ) .

Un anno da record quindi, in quanto l’aumento sarebbe del 20% rispetto il 2019. “A partire da settembre 2020, abbiamo monitorato 261 scaleup italiane (circa il 3% del totale europeo) […] In termini di capitale raccolto, le scaleup italiane sono aumentate cumulativamente di $ 2,7 miliardi (circa l’1,4% del totale europeo). Questo rappresenta lo 0,1% del PIL nazionale”, afferma il rapporto

Nel 2020 il 60% delle scaleup italiane ha registrato un aumento dei ricavi e di organico. Nel 2020 l’87% del capitale raccolto proviene da fondi di venture capital ed il 12% da quotazioni sul mercato azionario (la media europea è 14%), e più della metà di investimenti sono passati da Cassa Depositi e Prestiti.

Anche ScaleIT ha reso noto un rapporto sulle startup verso la metà dello scorso anno.

Report trimestrale di MISE, InfoCamere e Unioncamere

L’ultimo report, determinante come punto di arrivo di questa riflessione ma punto di partenza per le startup italiane nel 2021, è quello elaborato dal Mise, Infocamere e UnionCamere, riguardante l’ultimo trimestre, il quarto del 2020 – “Cruscotto di Indicatori Statistici – Dati Nazionali sulle startup innovative”. Sono quindi dati freschissimi, aggiornati al 1° gennaio 2021.

Anche se il numero di startup innovative sembra diminuire (-1,4%) rispetto al trimestre precedente e contando un numero di 11.899 unità, il capitale sociale risulta in crescita rispetto al primo trimestre: + 3,4 milioni di euro, risultando oggi essere pari a 724,3 milioni di euro.

Il 74,4% delle startup offre servizi alle imprese (soprattutto il 36,5% per la produzione di software e consulenza informatica, mentre 14% attività di ricerca e sviluppo); il 17% rientra nel manifatturiero e il 3,1% opera nel commercio. Di seguito i dati più rilevanti: il 13,1% sono a prevalenza femminile; il 19% (under 35) sono a prevalenza giovanile; il 3,7% hanno una prevalenza di compagine straniera.

Uno dei dati che spicca più di tutti è quello che riafferma la Lombardia come la regione in cui è localizzato il maggior numero di startup innovative: 3128 (27%); seguono il Lazio con 1383 (11.6%) e la Campania con 1053 (8,9%).

I soci di capitale dell’azienda, rispetto al trimestre precedente, sono lievemente aumentati (+0,5%) attestandosi a oltre quota 56 mila. Per quanto riguarda invece gli investimenti e la redditività, come fisiologico, le startup innovative mostrano un’incidenza più elevata della media di società in perdita (oltre il 52,6% contro il 30,9% complessivo). Tuttavia, le società in utile mostrano valori particolarmente positivi in termini di redditività (ROI, ROE) e valore aggiunto. Inoltre, da tener sempre presente che le startup innovative presentano un tasso di immobilizzazioni – uno dei principali indicatori della propensione a investire delle aziende – di circa sette volte più elevato rispetto alle altre aziende comparabili.

Questi ultimi dati economici e finanziari si riferiscono secondo il report ai dati di bilancio attualmente disponibili, ovvero quelli relativi al 2019 che coprono solamente il 63% delle startup iscritte al 1° gennaio 2021 (7500 su 11899).

L’ecosistema delle startup è particolare: più che meritocratico, quello italiano sembrerebbe essere di carattere darwiniano-liberista, in quanto sopravvivrebbero le unità più forti, ovvero quelle che riformulando il proprio business plan hanno saputo attrarre investitori, sconfiggere i competitor, evolversi scalando il mercato, nonostante si trovassero, la maggior parte delle volte, nella tana (Lombardia) del lupo (covid-19).

Qui tutti i deal, i round, le exit avvenute in Italia nel 2020 e qui una serie di notizie che offrono una prospettiva sul 2021

Giacomo Mele

Photo by Theodor Eilertsen Photography on Unsplash

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