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Seed capital: cosa significa, a cosa serve e come ottenerlo

Raccogliere fondi è difficile e soprattutto in una delle fasi più delicate del ciclo di vita di una startup, ovvero nella fase iniziale quando serve di un seed round

Pubblicato il 11 Dic 2022

Seed capital: che cosa significa?

Il seed round o seed capital è la primissima fase di raccolta fondi. È quando la startup è ancora alle prese con il business plan, analisi di mercato, quando il prodotto o servizio non è ancora finalizzato e il personale ancora ridotto.

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È la fase successiva a quella del pre-avvio, ovvero quando la startup poteva fare affidamento a diversi interlocutori dell’ecosistema innovativo, dagli incubatori e acceleratori, ai business angel e crowdfunding.

Ecco che allora ci si ritrova catapultati nella fase seed, cui seguirà quella definita early stage financing e che servirà per lo sviluppo del business.

Nella fase seed il finanziamento è volto al supporto iniziale di un’attività imprenditoriale. In questa fase nel Private equity diverse possono essere le strade da percorrere:

  • Affidarsi ad investitori istituzionali, professionisti dotati di grandi risorse, dal know-how ed expertise, ma aventi scarso capitale.
  • Oppure rivolgersi a business angel o venture capitalist, che al contrario, offrono l’opportunità di ingenti finanziamenti in cambio di quote. È in questo caso che si parla di seed capital, ovvero quel finanziamento iniziale che in genere parte dai 000 fino a circa 1 milione di euro (oggi i round seed arrivano anche a valere alcuni milioni di euro, ndr), e delle volte ancor prima che la validità tecnica del proprio progetto sia stata testata e valutata.

Perchè è importante il seed capital: ecco a cosa serve

Il seed capital serve agli imprenditori proprio per poter sviluppare ed ottimizzare la propria idea o servizio/prodotto iniziale che è ancora in una fase “embrionale”, di prototipo. In questo caso i founder possono procedere senza doversi preoccupare di non possedere personalmente le risorse economiche necessarie a concretizzare tutta la serie di operazioni.

È quindi la fase in cui si può testare il proprio prodotto/servizio sul mercato e che dura mediamente dai 0 ai 18 mesi (tali tempi possono variare a seconda della natura dell’innovazione che la startup sta sviluppando, ndr).

Molte aziende raccolgono soldi dopo aver ottenuto traction (si può anche usare il termine metriche, ndr). Raramente raccolgono fondi solo con un prototipo e nessun utente. La traction a volte si presenta sottoforma di revenue, ovvero di entrate. Ma la traction senza revenue conta solo quando si hanno già milioni di utenti e alti tassi di fidelizzazione. Per questo il seed capital è lo strumento finanziario adatto a far scalare l’azienda.

Seed capital: come ottenere un finanziamento iniziale

Dopo che si è ottenuto una forte traction, magari grazie anche all’aiuto di un acceleratore o incubatore, per la startup è il momento di iniziare a raccogliere fondi. E lo strumento iniziale è avere a portata di mano un ottimo pitch deck o elevator pitch. Il pitch dovrà essere semplice, non più lungo di 15 diapositive e non troppo tecnico, infatti per le proiezione future o finanziare servirà un business plan che potrà essere utilizzato nelle riunioni di follow-up.

Dopo aver preparato il pitch, bisognerà presentarlo agli investitori. I suggerimenti in questo caso sono due: inviare il pitch a più investitori possibili e non accompagnarlo mai con una lettera di NDA. Gli investitori, infatti, non hanno tempo da perdere a firmare accordi di riservatezza per visionare l’ennesimo pitch della giornata che ricevono, e poi, se il pitch rappresenta una idea che può essere rubata o realizzata da innumerevoli competitor tale da tutelarsi con un NDA firmato dalla controparte, quest’ultima valuterà che non varrà la pena di investire in una simile idea.

Infine, bisogna sempre capire la tipologia di investitori cui presentare la propria idea: dagli investor angel ai VC. Essi infatti molto spesso sono interessati a investire in startup tecnologiche in grado di scalare velocemente e raccogliere almeno 1 milione come seed round per poi portarle in una fase early stage di serie A da 4-5 milioni in 18-24 mesi (si parla sempre di tempi medi, ndr).

In questo caso, proprio perché si tratta di una fase delicata e ad alto rischio, la startup ricorrerà ad un term sheet, documento legale che contiene i termini e condizioni della proposta di investimento, un vero e proprio prototipo del futuro contratto.

Strategie per acquisire investitori

È già stato detto che bisogna partire dall’avere un ottimo pitch coinvolgendo più possibili investitori. Avere una strategia di investimento vuol dire andare nella direzione giusta: minimizzare le potenziali perdite e massimizzare i potenziali profitti. Ma prima bisogna avere una strategia per acquisire, cercare gli investitori che forniranno il capitale necessario per far scalare l’azienda. E soprattutto per non dover ricevere un secco “no” da loro (anche se, va ricordato, che un secco ‘no’ da parte di un investitore è la seconda migliore risposta che si possa ottenere, ndr).

La prima cosa da fare è studiare l’investitore al quale si presenterà il proprio pitch, ovvero sapere in quale settore, area geografica e fase di crescita lavora.

Ottenere o preparare poi una giusta presentazione, magari tramite un contatto terzo che faccia da intermediario; quindi non inviando brutalmente una email “fredda” dove si allega il pitch, fa sì che l’investitore sia più propenso almeno ad aprire e leggere il pitch allegato.

Poi il tempismo: trovare, cercare investitori in una fase di mercato di decrescita economica potrebbe non essere l’ideale, magari quando è il periodo estivo o natalizio: l’investitore sarà occupato dalla propria sfera privata, affetti e familiari.

Il carattere dell’imprenditore/fondatore è un fattore da non sottovalutare. In questo caso aspetti come la sincerità o trasparenza, credibilità e integrità possono giocare a favore: è già stato detto di non far firmare un NDA, ma c’è da aggiungere anche di prestare molta attenzione ai propri profili social e a quanto vi si pubblica, come post in cui si parla male dei propri co-fondatori o competitor. Lo stesso vale anche per l’investitore o fondo di investimento.

Bisogna poi non concentrarsi solo sul pitch, ma anche su tutto quello che gli ruota attorno, il contesto. Per esempio, la rapidità con la quale si risponde alle loro richieste, alle argomentazioni in aggiunta che gli si forniranno, e quindi alla qualità delle risposte alle domande che saranno sottoposte dopo o durante la presentazione del pitch.

Infine il business della propria azienda è uno dei fondamentali punti chiave per poter avere successo nella ricerca dell’investitore: non concentrarsi su mercati piccoli o altamente competitivi. Se non si sta lanciando una idea che rappresenti una opportunità di business e future revenue e che i competitor non potranno replicare facilmente, l’investitore allora dirà il suo secco “no”. Ecco che in questo caso la traction è fondamentale: rappresentare la semplice idea non basterà (va ricordato che l’idea in se vale zero, inizia ad avere un valore quando c’è un team con le giuste competenze e con il giusto committment per trasformare tale idea in impresa, ndr). L’execution è ciò che conta davvero: in questo caso si dovranno presentare i clienti iniziali, il target di riferimento, partnership, e soprattutto i dati finanziari: ricavi, margini, redditività. Questi ultimi dovranno essere ovviamente coerenti con la storia, l’idea che verrà raccontata all’investitore. (Photo by Markus Spiske on Unsplash )

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