Female founder

Identikit delle female founder italiane, poche ma buone

Determinate e resilienti. Un’indagine di Cariplo Factory su 100 startup italiane a guida femminile, restituisce il profilo delle imprenditrici innovative. Sono ancora in minoranza rispetto agli uomini, cercano investitori e diverse lavorano nel business di famiglia

Pubblicato il 04 Feb 2022

In Italia la percentuale di startup a leadership femminile non supera il 20 per cento del totale (scende a 18% nel settore startup), riflettendo il gender gap nel mondo imprenditoriale e in generale nel mondo del lavoro (ricordiamo che secondo dati Banca d’Italia e Istat, solo una donna su due in Italia lavora).

Le aziende innovative, a oggi, secondo il Mise, sono oltre 16.000, tra 14.000 startup  e 2.066 PMI, ma solo qualche migliaio è a guida femminile.

Chi sono queste coraggiose imprenditrici che sfidano un sistema che di certo non le agevola per lanciarsi nella creazione di aziende ad alto rischio di schianto come le startup?

Cariplo Factory con il progetto Pow(H)er Generation, ha provato a tracciarne l’identikit con un’indagine che ha coinvolto 110 di esse, con l’obiettivo di dare visibilità ai loro progetti innovativi ed ispirare altre donne a intraprendere, seguendo le proprie idee.

Queste 110  startup hanno risposto all’appello di Cariplo Factory di raccontare la propria storia, la propria vision, come stanno guidando le loro aziende per renderle, da un lato, sempre più competitive sul mercato, e dall’altro, per contribuire alla diffusione di una maggiore cultura più votata alla parità di genere e valorizzazione del talento femminile all’interno dell’ecosistema dell’innovazione in Italia.

Identikit delle giovani imprenditrici italiane

Determinate e resilienti, ma anche lungimiranti se contiamo la loro attenzione alla sostenibilità e all’ambiente.

Il report “Pow(H)er Generation – How to make difference” è stato realizzato grazie al supporto di Aifi, La Carica delle 101, Italian Tech Alliance, SheTech, InnovUP e aut/studio. 

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“Durante questi mesi abbiamo toccato con mano quanto sia ancora lunga la corsa per raggiungere il traguardo della parità di genere nel mondo dell’innovazione e, in generale, all’interno del mercato del lavoro nel nostro Paese – ha dichiarato Riccardo Porro, Chief Operating Officer di Cariplo Factory. – Ma i numeri della ricerca e le storie che abbiamo raccolto fanno ben sperare per i prossimi anni, perché crediamo fortemente che una leadership più inclusiva e partecipativa possa essere un volano di accelerazione per il cambiamento e crescita delle imprese italiane. In questa corsa serve il contributo di tutti, nessuno escluso, perché si tratta essenzialmente di un cambiamento culturale che deve partire dai singoli ed essere sostenuto da imprese e istituzioni.”

Il campione di startup guidate da donne analizzato

Il campione è composto da startup con un livello di maturità tecnologica molto elevata e appartenenti ai settori circular economy (18%), education e edtech (6%), food & beverage (2%), delivery & logistics (2%), entertainment (4%), healthcare (20%), digital platform (26%), fintech (2%).

Il 74% delle startup analizzate è stata fondata da due o più socie con una collocazione principalmente nel Nord Italia (64%) e ancora limitata al Sud e nelle isole (10%). Le startup che fanno parte del campione oggi lavorano sia all’interno del mercato nazionale (60%), che oltre confine (32%) e solo per l’8% sul mercato locale. Ma ben il 77% del campione vuole consolidare o ampliare il proprio business in Europa, il 13% in Nord America e il 6% in Asia.

Un dato interessante emerso dall’analisi è che il 16% delle startup intervistate nasce da un business familiare, fatto che non dovrebbe sorprenderci – o forse dovrebbe essere incentivato – visto che il nostro Paese si basa su aziende familiari e che quando ci sono ‘startupper in famiglia’ il ricambio generazionale può corrispondere a un processo di innovazione interno. Non senza fatica, come succede quando alle responsabilità per le decisioni aziendali si affianca la pressione per il coinvolgimento affettivo.

Racconta Elena Fagnani, CEO di Aircnc, piattaforma di manufactoring as a service dedicata alle PMI.“Mi occupavo prima di Supply Chain, ho lavorato per una multinazionale americana e poi negli USA per un’azienda italiana. Sono dovuta tornare in Italia durante la crisi 2008, incinta e con un altro bambino piccolo, il mio CV aveva subito perso di appeal e così sono tornata nell’azienda di famiglia da cui ero scappata tutta la vita. Una PMI metalmeccanica nella quale, invece della noia che mi aspettavo, ho trovato grande passione e me ne sono innamorata! Mi mancava però un pezzetto… quello dell’innovazione. Ma sono riuscita a introdurla e a innovare il mio business”.

Il supporto dell’ecosistema

Anche le startup a guida femminile riscontrano problemi nel fundraising:  l’86% di queste start-up è alla ricerca di un investitore e  il 40% dichiara che ha difficoltà ad attrarre capitali o risorse qualificate.

Nonostante la grande enfasi che a volte si pone sui fondi destinati all’imprenditoria femminile,  appena il 2% ha beneficiato di un finanziamento di questo tipo. “I fondi governativi sono difficilissimi da ottenere, quelli privati richiedono di avere già un prototipo o addirittura revenues per poter essere valutati… quindi in 3 anni di attività mi sono autofinanziata investendo ogni singolo centesimo dei miei risparmi. Ma sono felice d’averlo fatto, perché avere un business è come un figlio, i sacrifici fanno parte del gioco, e diventa la tua priorità assoluta” dice Mara Vendramin, CEO, founder di My-Money, startup fintech proprietaria di un brevetto in ambito di pagamenti biometrici.

Fortunatamente, a supporto dell’imprenditorialità esistono anche altri tipi di supporto oltre a quello prettamente economico: il  18% delle società ha partecipato ad un programma di incubazione, il 36% a uno di accelerazione e il 28% ad entrambi, traendone grandi benefici. “Partecipare a programmi di incubazione e accelerazione è stato molto utile, sia in termini di network e finanze ma anche e soprattutto, nel mio caso, per quanto riguarda la mentalità acquisita. Mi mancavano molte competenze e conoscenze, grazie a queste attività ne ho colmate molte, sia io che il mio Team” ha dichiarato Danila De Stefano, CEO & Founder di Unobravo, start-up che si occupa di Telehealth, Digital Health e Psicologia online.

Le imprenditrici intervistate hanno evidenziato anche difficoltà nella costruzione di un team qualificato (12%), fatica a trovare competenze manageriali (12%) o figure tecniche (18%) e problematiche legate al work-life balance (10%).

Problematiche che incontrano oggi tutte le startup e tutte le aziende. Ma guardando la cosa dal punto di vista della capacità di attrarre talenti,  la segnalazione che possiamo fare è che le imprese a guida femminile investono molto su percorsi di empowerment e welfare aziendale per i propri dipendenti (60%).

Photo by Christina @ wocintechchat.com on Unsplash

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