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Startup, individuare e scegliere l’attività commerciale

Quali elementi serve conoscere per sviluppare al meglio l’attività commerciale in fase di startup, quali analisi servono, quali opzioni, quali investimenti, quali canali

Pubblicato il 26 Apr 2023

Mai come nell’ultimo periodo il paradigma per scegliere una attività commerciale giusta è complicato e rischioso. Chi opera nel settore delle startup lo sa bene, come i parametri entro cui muoversi.

Come scegliere l’attività commerciale giusta per una startup

Già, avviare una startup innovativa è un rischio. Ovvero, già trasformare quella idea innovativa, custodita da tempo in un cassetto, in una realtà imprenditoriale è un’azione intraprendente. Allo stesso tempo, mai come nell’ultimo periodo la scelta dell’attività commerciale è così vicina al rischio.

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Innanzitutto, la prima cosa da fare è guardarsi intorno, osservando i mercati. L’analisi di mercato non andrà però svolta al presente, ma andrà preso in considerazione anche l’andamento dell’ultimo quinquennio o almeno triennio. La radice sta negli eventi e trend, fattori esogeni ed endogeni iniziati nel 2020 (pandemia, inflazione, guerra, tassi d’interesse e crisi bancaria).

Allo stesso tempo però bisognerà stare attenti a chi porre la domanda: se a Google, Chatgpt o qualche consulente. Non è detto che il settore in crescita possa andare bene per la propria attività commerciale. Ci sono infatti attività che non conoscono crisi (es. web developer o l’e-commerce) e settori dov’è possibile sviluppare idee innovative (es. l’utilizzo dell’AI nella sanità o un nuovo social network) per creare nuovi mercati non ancora esistenti: pensiamo infatti alla Strategia Oceano Blu.

Non ci può essere una risposta univoca, proprio perché le variabili sono numerose, come per esempio il territorio dove avviare l’attività, soggetto a normative e tutele differenti da Paese a Paese. è certo però che l’attività giusta per le startup deve contemplare il digitale o almeno offrire un approccio digital e distruptive nel settore di interesse.

Attività commerciali per startup: le opzioni più convenienti

Le attività commerciali variano in base alla tipologia di prodotti/servizi venduti e alle modalità di vendita. La vendita infatti può essere al dettaglio (es. negozio), all’ingrosso oppure attraverso altri canali come la vendita online, per corrispondenza o tramite distributori automatici.

Sicuramente, per una startup la vendita on line attraverso un e-commerce può essere la scelta più conveniente per abbattere i costi che l’affitto o compravendita di un immobile ad uso negozio o magazzino può comportare. Oggi anche in questo caso ci sono soluzioni molto flessibili, per esempio attraverso il contratto di comodato d’uso.

Da non escludere che una startup per il tipo di business potrebbe anche avere la necessità di entrambi i canali di vendita: pensiamo al settore del delivery come Gorilla, che aveva anche i suoi magazzini per abbattere i tempi di consegna rispetto ai competitor.

Attività commerciali a basso costo per una startup

Le attività commerciali a basso costo per le startup in prima istanza sono proprio quelle che prediligono il canale on line, come i servizi di consegna o di trasporto, consulenza, e-commerce. Se da un lato c’è il vantaggio dei costi bassi e contenuti per lo spazio fisico, dall’altro l’online permette anche di avere una vetrina, che, a differenza di un negozio fisico su strada, contempla vari canali, strategie da utilizzare, come ad esempio i social, gli sponsor o banner pubblicitari grazie all’advertising.

Attività commerciali per startup: dal franchising alla vendita online

Il franchising rappresenterebbe uno dei pochi settori in grado di resistere alle crisi, permettendo infatti una crescita molto più rapida, avendo gli oneri finanziari suddivisi tra tutti gli affiliati, i quali, inoltre, con il loro apporto contribuiscono alla crescita del network. Questo sistema consente al network di ottenere una presenza capillare sul territorio.

Allo stesso tempo anche la vendita online permette un abbattimento dei costi. Oltre ai vantaggi espressi nei precedenti paragrafi, una startup può lanciare una attività commerciale unicamente online, oppure utilizzare anche l’online per tutti i servizi o in parte. Oggi si possono creare business online in settori che una volta minimamente si poteva affiancare, pronunciare la loro attività, se non immaginandola fisicamente: pensiamo all’home fitness, al video streaming – ormai alcuni film non escono neppure più nelle sale cinematografiche -, oppure al noleggio di un’automobile.

Le attività commerciali adatte alle startup: i settori più redditizi

Se il settore dei servizi come il delivery negli ultimi anni ha avuto una forte crescita, è anche vero che con la post pandemia c’è stato un forte rallentamento. Bisogna quindi stare attenti anche all’andamento del mercato e al territorio: guardiamo al settore immobiliare in Italia e al taglio sul personale di Casavo: la crescita dei tassi d’interesse ha causato un brusco shock.

Bisogna poi vedere anche dove vanno gli investimenti del venture capital: pensiamo ai deal di settori quali il deeptech o lifescience, che sembrano essere una certezza sia a livello europeo, sia italiano nel Q1 2023. Ma se parliamo di certezze bisogna stare cauti: per esempio per il fintech. Anche se negli ultimi 4 anni il deal value del fintech ha prodotto in media il 20,2% del valore aggregato del deal value europeo, nel 2022 gli investitori avrebbero guardato ad altri sotto-settori. Questo perché per il fintech ci sono stati i problemi legati al mondo delle criptovalute e maggiori controlli, mentre per i sotto-settori si tratta di imprese potenzialmente lontane anni da una exit dove avrebbe senso per gli investitori con orizzonti di investimento a lungo termine. Inoltre, per le condizioni attuali di mercato, il capitale investito in startup operanti in sotto-settori emergenti, che si prevede cresceranno nel loro mercato nel prossimo decennio, sarà più apprezzato dagli investitori rispetto alle società che prevedono una exit nei prossimi due anni.

Poi ci sono i settori strategici a forte crescita, per esempio quello dell’energytech e climatech. La raccolta di fondi nel settore delle infrastrutture e delle risorse naturali ha raggiunto infatti il massimo storico di 158 miliardi di dollari.

Nel Q1 2023 sono poi emersi nuovi sotto-settori come quello della cybersecurity e data privacy in crescita, proprio per i conflitti come quello tra Russia e Ucraina.

Non soffermiamoci troppo invece sulle normative, che possono cambiare di punto in bianco: guardiamo ad esempio alla smart mobility o proprio al settore dell’energytech, dove le decisioni politiche rendono lo scenario altalenante, come tutto l’iter sulla Tassonomia presso la CE, o a sotto-settori come quello vinicolo, in cui la nuova normativa sulle etichette è ancora in standby nel nostro Paese.

Ci sono però nuovi settori, come l’insurtech, o settori non nuovi ma dove l’innovazione sta arrivando come l’agritech – qui sempre cauti se pensiamo al food tech in Italia (es. il caso della carne coltivata ma non per la farina di grillo) e che comunque nel Q1 2023 sta subendo rallentamenti anche a livello europeo.

Attività commerciali per startup: quali sono i costi da considerare

Per aprire una startup bisogna costituire una società di capitali (es. SRL o SPA). La forma più adottata è la Società a Responsabilità Limitata (SRL).

Per costituire una startup innovativa srl, il costo è variabile e parte da circa 2.300,00 euro, anche se tipicamente ne vengono impiegati tra i 5 e 10 mila euro, contando il capitale sociale; mentre le spese per una srls sono di gran lunga inferiori, poiché viene meno il costo dei bolli e del notaio e può avere capitale sociale anche del valore di 1 euro.

Poi ci sarebbero alcuni dettagli di spesa orientativi per la Srl che possono variare: l’ imposta di registro costa 200 euro cui bisogna aggiungere il costo del notaio tra i 1.000/1.700 euro, la tassa di concessione governativa di circa 320 euro e i diritti camerali 130-15 euro. (Foto di Mike Petrucci su Unsplash )

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